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OTTANTATRÉ

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La scenografia letteraria non esiste. Benché l’etimologia del termine potrebbe far pensare esattamente al contrario. La capacità narrativa di riuscire a creare immagini intrinseche alle parole viene comunemente chiamata fantasia dell’autore, ma nel caso di un romanzo particolarmente eclettico, innovativo nella sua metrica e decisamente geniale, è giusto accostare un termine cinematografico per far capire il continuo cambio di scena che ogni capitolo propone, senza togliere per un solo istante il proprio nesso logico che rende questo piccolo capolavoro come un opera fondamentale per tutti coloro che ancora sognano di poter vivere nel mondo del cinema o ancora più utopicamente di potersi mantenere attraverso la scrittura.

I grandi sognatori sono quelli che hanno contribuito a rendere il nostro mondo un luogo migliore dove poter vivere e Alberto Testasecca contribuisce ad alimentare l’idea che attraverso le parole si possa continuare a seguire quello che sempre più appare come una chimera. L’autore ha già avuto l’onore di vedere il proprio nome stampato diverse volte su libri che molti hanno letto. Come traduttore però, la figura letteraria che praticamente finisce per non essere mai letta da nessuno, un po’ come i nomi e cognomi che costituiscono l’elenco dei titoli di coda di un film.

Con Ottantatre, Testasecca propone un nuovo modo di fare letteratura. Il numero primo che da  titolo al romanzo non rappresenta l’esordio dell’autore, ma potrebbe essere quello destinato a moltiplicare la sua popolarità. Ottantatre sono i capitoli che compongono il romanzo. uno per ogni anno della vita del protagonista, Giustino, nato come figlio di un falegname sognatore, sorte questa capitata a noti personaggi Collodiani o biblici e a sua volta destinato a seguire sogni, donne complicate e tempo che spesso cerca di sfuggire.

La retorica ci potrebbe far dire che ognuno di noi può immedesimarsi in Giustino. La realtà invece sottolinea come una vita così intensa, pregna di ricordi, sia per molti un sogno, spesso irraggiungibile. Giustino seleziona un ricordo per ogni anno della sua vita e il lavoro di collage realizzato accostandone uno all’altro, risulta essere una piccola opera d’arte. Se l’autore dichiara di avere immaginato la stesura del romanzo osservando il suo incedere da dietro le quinte, ecco che noi veniamo invece catapultati in uno di quei cinematografi che ci accoglievano nei pomeriggi della nostra adolescenza e vediamo scorrere sullo schermo le immagini di racconti già sentiti. Vediamo la nostra storia.

Ottantatre è una piccola galleria d’arte. Ogni capitolo è un quadro a se, con le proprie prospettive e i giochi di luce, capaci di dare sensazioni di luminosità od ombra a seconda dello stato d’animo che mutua nell’incedere nella lettura. Se il progetto Vojager Record dovesse ripetersi, ecco, io personalmente consiglierei di incidere tutti i brani che compongono questo romanzo. Laddove gli astronauti dovessero mai ricevere i nostri doni, scoprirebbero ciò che noi siamo stati veramente.

 

Ottantatré di Alberto Bracci Testasecca – edizione e/o

 

A cura di Wiliam Amighetti

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