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Cronaca

“SONO TUTTI MARTIRI, SIA A DESTRA CHE A SINISTRA”, LE PAROLE DEL SOPRAVVISSUTO ALL’ECCIDIO DI ROVETTA

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Fernando Caciolo aveva appena compiuto 16 anni quando, il 28 aprile 1945, riuscì a scappare dall’eccidio di Rovetta in cui vennero uccisi 43 suoi compagni soldati della Tagliamento. Ogni anno il sopravvissuto raggiunge Rovetta per la commemorazione e lancia un messaggio “Sono tutti assassini e non ci sono morti di serie a o di serie b: i martiri sono martiri sia a destra che a sinistra. Qui non facciamo nulla di male, nonostante le polemiche: ricordiamo solo i giovani morti tra cui potevo esserci anche io”.

Caciolo, classe 1929 di Anagni, ha raccontato tutta la sua storia vissuta a Rovetta nel libro appena edito “Gli esuli in patria” dove, oltre a raccontare il fatto storico, che vide la fucilazione di 43 soldati dai 15 ai 22 anni della Legione Tagliamento da parte di un gruppo di partigiani, riporta la sua spiegazione di “esule in patria”: “Sono 60 anni che non vado a votare – ci spiega – perché non mi riconosco in questa Italia”.

Abbiamo subìto – continua – una tragedia che mi ha lasciato una ferita che non si può rimarginare anche se non ho odio per nessuno. Questa questione purtroppo viene strumentalizzata anche dopo 70 anni sia a destra che a sinistra ma quello che desidero davvero è una pacificazione“.

Del gruppo si salvarono soltanto in quattro: Fernando Caciolo, sedicenne di Anagni che riuscì a fuggire, e tre giovanissimi (Cesare Chiarotti, Enzo Ausili e Sergio Bricco), che vennero risparmiati.

 

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IL FATTO STORICO

Il 28 aprile 1945 a Rovetta venne promossa l’esecuzione sommaria di quarantatré soldati della 1ª Divisione d’Assalto “M” appartenente alla Legione Tagliamento, inquadrata nell’ambito della Guardia Nazionale Repubblicana della Repubblica Sociale Italiana. L’esecuzione arrivò dopo che i militanti, avendo appreso la resa nazifascista il 26 aprile, decisero trovandosi a Rovetta di deporre le armi e di consegnarsi al locale Comitato di Liberazione Nazionale (CLN). In tale occasione il loro ufficiale, Sottotenente Panzanelli, fece sottoscrivere e sottoscrisse un documento a tutela dei prigionieri, a firma sua, del parroco Don Bravi membro del CLN locale, del Maggiore Pacifico ed altri.

I militi, lasciate le armi, vennero trasferiti nei locali delle scuole elementari del paese in attesa di essere consegnati alle autorità del Regno del Sud o agli eserciti regolari degli Alleati.

Il 28 aprile arrivò però in paese un gruppo di partigiani composto da appartenenti alla 53ª brigata Garibaldi, alla Brigata Tredici Martiri, alla Brigata Camozzi e alle Fiamme Verdi, che prelevarono i militi dalla scuola e li scortarono presso il cimitero del paese. Il Panzanelli tentò di far valere lo scritto in suo possesso con le garanzie sottoscritte, ma il foglio con le firme gli fu strappato di mano e calpestato. “I fascisti devono pagare per i crimini commessi”. Giunti presso il cimitero vennero organizzati due plotoni d’esecuzione e 43 dei prigionieri, di età compresa dai 15 ai 22 anni, vennero fucilati.

La Procura della Repubblica di Bergamo aprì nel 1946 un procedimento penale che si concluse nel 1951 con una sentenza che stabilì di non dover procedere contro gli imputati, in particolare contro Paolo Poduje detto il “Moicano”, definendo la fucilazione non un crimine ma un’azione di guerra poiché ufficialmente l’occupazione nel territorio bergamasco cessò il 1º maggio 1945.

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3 Commenti

1 Commento

  1. Paolo Piovaticci

    21 Dicembre 2019 at 12:14

    Mirella Bordin, lettera a Fernando Caciolo di biasimo per stretta di mano a un partigiano,
    Giugno 2006.Questo gesto inoltre disgustò molti camerati. La loro ‘amarezza e il loro lo sdegno’, e l’intimo compiangimento per chi fu capace di compierlo, intento tuttora a fare del racconto della sua fuga il cavallo di battaglia delle sue interminabili e deliranti esibizioni per emergere come il personaggio principale della tragedia di Rovetta anzichè inchinarsi in silenzio a pregare per i Commilitoni lì lasciati e massacrati, si leggono in queste parole della lettera a lui scritta nel Giugno 2006 dalla signora Mirella Bordin Marcandelli, l’amorevole Custode della loro Tomba del cimitero rovettese.
    “. . . Ho aperto il giornale della Valseriana ‘Araberara” e a pagina l4 mi è arrivato un pugno in faccia, ma soprattutto una pugnata nel cuore: la tua fotografia, mentre sorridente, stringi la mano al comandante dei partigiani Bartoli della brigata “giustizia e libertà” mi ha fulminata. Dopo 6l anni viene ad “illustrare il periodo storico” pensando di esserti utile e di darti delle informazioni scagionando naturalmente i suoi partigiani, affermando che, gli altri, erano solo dei delinquenti comuni ecc. ecc. Il Moicano, chi è stato chi non è stato, la causa, gli alibi, le sue considerazioni, dove è, dove non é…sarà anche crepato. (Spero) . Chi se ne frega! Ne abbiamo viste troppe, non abbiamo più nulla da sentire specialmente da loro, persone che non danno nessuna affidabilità . Anche lui, il partigiano, ha una certa carta anagrafica ed é con un piede nella fossa, forse questo fatto l’ha deciso a …collaborare.
    L’umiliazione per voi che l’avete ascoltato é stata grande e per te il confronto mortificante: sono riusciti ancora una volta con l’inganno ad ottenere ciò che volevano. Dimostrare a tutti che dopo le loro spiegazioni, dove si mostrano buoni, comprensivi, disponibili e si sbilanciano a definire quella “strage” un “grosso errore” arriva la stretta di mano col fascista!, il colmo della loro Vittoria! Per me è il massimo del’indignazione e non spreco parole per addurre i motivi.
    Bartoli “operava” in Val Brembana (cosa vuol dire operava)? Che combatteva contro di noi, contro i nostri legionari, è riuscito ad ottenere ciò che voleva , il confronto gli è servito per rifarsi una verginità . La stretta di mano per noi ha un senso, significa accordo, pace e tutto sembra ridimensionato, Ci vengono incontro e ti possono servire per darti informazioni. “E’ trascorso tanto tempo”, “incontriamoci”, ringraziamoli per l’onore che ci hanno fatto.?!?! Io parente di un Caduto massacrato come i 43 Legionari, non scenderò mai a compromessi non v’é ennesima spiegazione da sentire. Dopo 61 anni di menzogne, di viltà, di discriminazioni, di fango gettato sui nostri Morti, cosa ci devono spiegare? Sappiamo tutti che questa carneficina è stata compiuta dai partigiani assassini anche di Giustizia e Liberà. Loro con rammarico dicono “é stato un errore”!: 43 giovani entusiasti, idealisti, amanti della vita, sono stati massacrati. 43 famiglie rovinate per sempre, 43 mamme che hanno versato un mare di lacrime. Tu lo capisci meglio di chiunque altro. E quello. . . viene a fare il confronto! E tutti ad ascoltarlo a bocca aperta. Ho assistito solo al tuo intervento e l’ho approvato, ti sei espresso con chiarezza. Questo é quello che vogliono: umiliarci ancora.! Ci mancava la stretta di mano, che subito hanno pubblicato e che molti camerati hanno deplorato. “E’ stato un grosso errore, con questo spirito ho voluto questo incontro, per un chiarimento” dice il sindaco. Avrei visto meglio un’altra fotografia. ll comandante partigiano in ginocchio davanti a quel muretto , su quelle zolle che hanno bevuto il sangue dei nostri ragazzi massacrati da loro. Riconoscere i loro delitti, restituire ai nostri Morti la dignità, anziché voler far credere che è stata una reazione per altri delitti commessi dai fascisti. Non facciamoci “fregare”, non bisogna credere ai loro “pentimenti” ed essere degli ingenui. Non è questa stretta di mano che cancella i crimini commessi. Tu mi hai detto che lui ti può dare delle informazioni sul Moicano, (una figura che si é volatilizzata che ha fatto da capro espiatorio.) Attraverso i documenti di Fiorani sappiamo già tutto, non abbiamo bisogno di rivolgerci ad autorità inglesi. Ha “illustrato il quadro storico in cui si sono svolti i fatti”. Non abbiamo bisogno che ce lo illustri lui. Conosciamo, purtroppo, questo quadro storico che si chiama “delinquenza” e la vostra nell’ascoltarlo la chiamerei “ingenuità”, creare un dialogo tra loro e noi. MAI. Parliamo due lingue diverse: noi quella dell’ONORE, loro quella del TRADIMENTO. Io non stringerò mai la mano ad un partigiano, preferisco farmela tagliare. . . .”.
    Questa stonatura è il cupo segnale della presenza d’una voce non in sintonia con quella dei Reduci della Tagliamento, i Combattenti generosi della invitta Legione, molti fra i migliori dei quali furono senza pietà nè scrupoli di tradimenti massacrati dai ‘partigiani’, è il segnale che mina l’armonia della loro Associazione nella quale si sono ritrovati coi loro ricordi e l’intento di perseguire le stesse Finalità per le quali combatterono. E’ la ‘stecca’, nell’ignaro coro, che rovina il bel canto del Sodalizio mutando in disarmonia la sua storica voce intonata, e che, se non la si elimina, porterà in basso la sua ‘alta’ immagine ed esso stesso alla sua disgregazione.
    Fin quando, dunque, si tollererà che un’Associazione si coccoli in seno, anzichè espellerlo, un biforcuto rettile che dietro la ostentata camicia nera, nasconde quella rossa del sinistro diavolo dal quale si bea farsi invasare, cavalcando la sua delirante ambizione coi due piedi, uno sulla staffa fascista e l’altro su quella partigiana?
    8(Dal libro ‘Associazione Reduci 1^ Lregione D’Assalto M Tagliamento’, di Paolo Piovaticci

  2. Paolo

    25 Gennaio 2020 at 21:31

    Costui che si definisce ‘sopravvissuto’, è tale perchè l’unico del gruppo che è ‘scappato’ con la complicità di un partigiano per cui un senso di gratitudine lo lega a loro. Ma quello che io condanno non è la sua ‘fuga’, comprensibile per l’istinto di conservazione che insorge di fronte al pericolo di morte, bensì il fare della sua ‘fuga’ il suo cavallo di battaglia, la sua ‘impresa’ della quale i suoi compagni non sarebbero stati capaci di fare. I 42 suoi Commilitoni invece ebbero offerte di fuggire, ma nessuno volle abbandonare i compagni, nè tradire il giuramento, e immolando la loro vita per la patria sono loro i veri ‘Protagonisti’, e non lui, come si autoprolama, il protagonista della vicenda di Rovetta. Quello che io gli condanno è di aver usato la sua fuga quale strumento di glorificazione di se stesso, intervenendo alle Manifestazioni dell’Ass. Reduci della Tagliamento per questi Martiri solo per mettere in evidenza se stesso, e mai nominandone ‘Uno’ per ricordarli e onorarli realmente.Con la sua mimica riesce come un attore a farsi compatire e considerare quello che non è, essendo solo un profittatore vergognoso nello sfruttare i Compagni che non hanno più voce per smascherarlo. Paolo Piovaticci, fratello di un Caduto di Rovetta, quello che prima d’essere fucilato lasciò scritto su un fogliett ‘Sono morto per l’Italia’, messaggio che impersonava il motivo per cui i 43, giovanissimi Legionari esemplari della Legione, immolarono la vita alla Patria.

  3. Paolo Piovaticci

    9 Agosto 2021 at 18:18

    • Paolo Piovaticci ha detto:
    21 Dicembre 2019 alle 12:14
    Mirella Bordin, lettera a Fernando Caciolo di biasimo per stretta di mano a un partigiano
    Giugno 2006.Questo gesto inoltre disgustò molti camerati. La loro ‘amarezza e il loro lo sdegno’, e l’intimo compiangimento per chi fu capace di compierlo, intento tuttora a fare del racconto della sua fuga il cavallo di battaglia delle sue interminabili e deliranti esibizioni per emergere come il personaggio principale della tragedia di Rovetta anzichè inchinarsi in silenzio a pregare per i Commilitoni lì lasciati e massacrati, si leggono in queste parole della lettera a lui scritta nel Giugno 2006 dalla signora Mirella Bordin Marcandelli, l’amorevole Custode della loro Tomba del cimitero rovettese.
    “. . . Ho aperto il giornale della Valseriana ‘Araberara” e a pagina l4 mi è arrivato un pugno in faccia, ma soprattutto una pugnata nel cuore: la tua fotografia, mentre sorridente, stringi la mano al comandante dei partigiani Bartoli della brigata “giustizia e libertà” mi ha fulminata. Dopo 6l anni viene ad “illustrare il periodo storico” pensando di esserti utile e di darti delle informazioni scagionando naturalmente i suoi partigiani, affermando che, gli altri, erano solo dei delinquenti comuni ecc. ecc. Il Moicano, chi è stato chi non è stato, la causa, gli alibi, le sue considerazioni, dove è, dove non é…sarà anche crepato. (Spero) . Chi se ne frega! Ne abbiamo viste troppe, non abbiamo più nulla da sentire specialmente da loro, persone che non danno nessuna affidabilità . Anche lui, il partigiano, ha una certa carta anagrafica ed é con un piede nella fossa, forse questo fatto l’ha deciso a …collaborare.
    L’umiliazione per voi che l’avete ascoltato é stata grande e per te il confronto mortificante: sono riusciti ancora una volta con l’inganno ad ottenere ciò che volevano. Dimostrare a tutti che dopo le loro spiegazioni, dove si mostrano buoni, comprensivi, disponibili e si sbilanciano a definire quella “strage” un “grosso errore” arriva la stretta di mano col fascista!, il colmo della loro Vittoria! Per me è il massimo del’indignazione e non spreco parole per addurre i motivi.
    Bartoli “operava” in Val Brembana (cosa vuol dire operava)? Che combatteva contro di noi, contro i nostri legionari, è riuscito ad ottenere ciò che voleva , il confronto gli è servito per rifarsi una verginità . La stretta di mano per noi ha un senso, significa accordo, pace e tutto sembra ridimensionato, Ci vengono incontro e ti possono servire per darti informazioni. “E’ trascorso tanto tempo”, “incontriamoci”, ringraziamoli per l’onore che ci hanno fatto.?!?! Io parente di un Caduto massacrato come i 43 Legionari, non scenderò mai a compromessi non v’é ennesima spiegazione da sentire. Dopo 61 anni di menzogne, di viltà, di discriminazioni, di fango gettato sui nostri Morti, cosa ci devono spiegare? Sappiamo tutti che questa carneficina è stata compiuta dai partigiani assassini anche di Giustizia e Liberà. Loro con rammarico dicono “é stato un errore”!: 43 giovani entusiasti, idealisti, amanti della vita, sono stati massacrati. 43 famiglie rovinate per sempre, 43 mamme che hanno versato un mare di lacrime. Tu lo capisci meglio di chiunque altro. E quello. . . viene a fare il confronto! E tutti ad ascoltarlo a bocca aperta. Ho assistito solo al tuo intervento e l’ho approvato, ti sei espresso con chiarezza. Questo é quello che vogliono: umiliarci ancora.! Ci mancava la stretta di mano, che subito hanno pubblicato e che molti camerati hanno deplorato. “E’ stato un grosso errore, con questo spirito ho voluto questo incontro, per un chiarimento” dice il sindaco. Avrei visto meglio un’altra fotografia. ll comandante partigiano in ginocchio davanti a quel muretto , su quelle zolle che hanno bevuto il sangue dei nostri ragazzi massacrati da loro. Riconoscere i loro delitti, restituire ai nostri Morti la dignità, anziché voler far credere che è stata una reazione per altri delitti commessi dai fascisti. Non facciamoci “fregare”, non bisogna credere ai loro “pentimenti” ed essere degli ingenui. Non è questa stretta di mano che cancella i crimini commessi. Tu mi hai detto che lui ti può dare delle informazioni sul Moicano, (una figura che si é volatilizzata che ha fatto da capro espiatorio.) Attraverso i documenti di Fiorani sappiamo già tutto, non abbiamo bisogno di rivolgerci ad autorità inglesi. Ha “illustrato il quadro storico in cui si sono svolti i fatti”. Non abbiamo bisogno che ce lo illustri lui. Conosciamo, purtroppo, questo quadro storico che si chiama “delinquenza” e la vostra nell’ascoltarlo la chiamerei “ingenuità”, creare un dialogo tra loro e noi. MAI. Parliamo due lingue diverse: noi quella dell’ONORE, loro quella del TRADIMENTO. Io non stringerò mai la mano ad un partigiano, preferisco farmela tagliare. . . .”.
    Questa stonatura è il cupo segnale della presenza d’una voce non in sintonia con quella dei Reduci della Tagliamento, i Combattenti generosi della invitta Legione, molti fra i migliori dei quali furono senza pietà nè scrupoli di tradimenti massacrati dai ‘partigiani’, è il segnale che mina l’armonia della loro Associazione nella quale si sono ritrovati coi loro ricordi e l’intento di perseguire le stesse Finalità per le quali combatterono. E’ la ‘stecca’, nell’ignaro coro, che rovina il bel canto del Sodalizio mutando in disarmonia la sua storica voce intonata, e che, se non la si elimina, porterà in basso la sua ‘alta’ immagine ed esso stesso alla sua disgregazione.
    Fin quando, dunque, si tollererà che un’Associazione si coccoli in seno, anzichè espellerlo, un biforcuto rettile che dietro la ostentata camicia nera, nasconde quella rossa del sinistro diavolo dal quale si bea farsi invasare, cavalcando la sua delirante ambizione coi due piedi, uno sulla staffa fascista e l’altro su quella partigiana?
    8(Dal libro ‘Associazione Reduci 1^ Lregione D’Assalto M Tagliamento’, di Paolo Piovaticci
    • Paolo ha detto:
    25 Gennaio 2020 alle 21:31
    Costui che si definisce ‘sopravvissuto’, è tale perchè l’unico del gruppo che è ‘scappato’ con la complicità di un partigiano per cui un senso di gratitudine lo lega a loro. Ma quello che io condanno non è la sua ‘fuga’, comprensibile per l’istinto di conservazione che insorge di fronte al pericolo di morte, bensì il fare della sua ‘fuga’ il suo cavallo di battaglia, la sua ‘impresa’ della quale i suoi compagni non sarebbero stati capaci di fare. I 42 suoi Commilitoni invece ebbero offerte di fuggire, ma nessuno volle abbandonare i compagni, nè tradire il giuramento, e immolando la loro vita per la patria sono loro i veri ‘Protagonisti’, e non lui, come si autoprolama, il protagonista della vicenda di Rovetta. Quello che io gli condanno è di aver usato la sua fuga quale strumento di glorificazione di se stesso, intervenendo alle Manifestazioni dell’Ass. Reduci della Tagliamento per questi Martiri solo per mettere in evidenza se stesso, e mai nominandone ‘Uno’ per ricordarli e onorarli realmente.Con la sua mimica riesce come un attore a farsi compatire e considerare quello che non è, essendo solo un profittatore vergognoso nello sfruttare i Compagni che non hanno più voce per smascherarlo. Paolo Piovaticci, fratello di un Caduto di Rovetta, quello che prima d’essere fucilato lasciò scritto su un fogliett ‘Sono morto per l’Italia’, messaggio che impersonava il motivo per cui i 43, giovanissimi Legionari esemplari della Legione, immolarono la vita alla Patria.

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