Cronaca
Processo Bossetti, a 3 mesi dalla sentenza le motivazioni dell’ergastolo
A tre mesi dalla sentenza di primo grado, i giudici hanno depositato un provvedimento di 158 pagine. Ira e sadismo alla base dell’omicidio di Yara.
“Un omicidio di inaudita gravità” che non poteva essere punito se non con l’ergastolo. E’ questo il sunto delle motivazioni della sentenza con la quale i giudici della Corte d’Assise di Bergamo hanno condannato Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa da Brembate di Sopra il 26 novembre del 2010 e trovata uccisa a Chignolo d’Isola, esattamente tre mesi dopo.
Il provvedimento è stato depositato a quasi tre mesi dalla sentenza di primo grado.
Nelle 158 pagine si apprende come il contesto in cui è maturato l’omicidio riguardi “avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare nell’imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova ad allora”.
Per questo, secondo i giudici, l’aggravante delle sevizie e della crudeltà “disvela l’animo malvagio” dell’imputato e parlano di “crudeltà” sia “in termini soggettivi e morali di appagamento dell’istinto di arrecare dolore” che “di assenza di sentimenti di compassione e pietà”.
Il Dna resta la prova assolutamente affidabile in quanto “caratterizzato per un elevato numero di marcatori Str e verificato mediante una pluralità di analisi eseguite nel rispetto dei parametri elaborati dalla comunità scientifica internazionale”. Così viene chiarito dai giudici della Corte uno dei punti principali contestati dalla difesa nel corso del processo.”E’ la presenza del profilo genetico dell’imputato a provare la sua colpevolezza: tale dato, privo di qualsiasi ambiguità e insuscettibile di lettura alternativa, non è smentito né posto in dubbio da acquisizioni probatorie di segno opposto e anzi è indirettamente confermato da elementi ulteriori, di valore meramente indiziante, compatibili con tale dato e tra loro”.
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