Cronaca
Si o No al Referendum costituzionale? Ad una settimana dal voto il sondaggio
Ad una settimana dal voto è online il sondaggio: Si o No al Referendum costituzionale?
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Manca una settimana al voto degli italiani: domenica 4 dicembre si torna alle urne per votare per il Referendum costituzionale esprimendo un si o un no alle modifiche previste dalla riforma Boschi-Renzi. La possibilità di indire un referendum costituzionale è prevista dall’articolo 138 della costituzione stessa entro tre mesi dall’approvazione delle leggi di revisione da parte del parlamento. A differenza dei referendum abrogativi, non è necessario che venga raggiunto il quorum, cioè non è necessario che si rechi a votare il 50 per cento più uno degli aventi diritto.
Il testo del quesito
Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?
I 5 punti della riforma
La riforma è divisa in cinque punti:
- Fine del bicameralismo perfetto attraverso una modifica sostanziale del Senato – La riforma prevede la fine del bicameralismo perfetto attraverso il quale le leggi devono essere approvate da entrambi i rami del parlamento, Camera dei deputati e Senato della Repubblica, per entrare in vigore (com’è stabilito dall’articolo 70). Con la modifica invece si prevede che la Camera diventi l’unico ramo formato da parlamentari eletti dagli italiani, l’unico che approva le leggi ordinarie e legate al bilancio statale, l’unico a dare o togliere la fiducia al governo.Il Senato diventa c0sì il Senato delle regioni, ovvero l’organo rappresentativo delle autonomie regionali che può esprimere emendamenti e pareri sui progetti di legge approvati dalla Camera, ma con la possibilità che non vengano accolti. La sua funzione diventa di coordinamento tra lo stato e gli enti locali.I senatori passano da 315 a 100 e non sono più eletti direttamente. Di questi cento, 95 vengono scelti dai consigli regionali (21 sindaci e 74 consiglieri regionali) in modo proporzionale e rimangono in carica per tutta la durata del loro mandato da amministratori locali e percepiscono solo lo stipendio regionale o da sindaco. I restanti cinque senatori vengono nominati dal presidente della Repubblica per una durata di sette anni. Rimangono senatori a vita solo gli ex capi di stato.
- Modifiche per l’elezione del presidente della Repubblica – L’elezione del presidente della Repubblica sarà in capo alle due camere in seduta comune, ma visto che il Senato è già delle regioni, non è più prevista la partecipazione dei delegati regionali. Il presidente deve essere eletto dai due terzi dei parlamentari, fino al quarto scrutinio. Dopodiché è sufficiente la maggioranza dei tre quinti.
- Abolizione del Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro (Cnel) – Il Cnel è un organo ausiliario composto da 64 consiglieri previsto dalla costituzione. La sua funzione è consultiva e di iniziativa legislativa ma, come suggerisce il nome, solo per quanto riguarda le leggi economiche e sul lavoro. La riforma ne prevede l’abolizione.
- Riforma del titolo V della costituzione con nuova ripartizione delle competenze di alcune materie tra stato e regioni – La riforma prevede una riorganizzazione delle materie e delle competenze per cercare di fare chiarezza sui ruoli di stato, regioni e autonomie locali. La riforma prevede che una ventina di materie tornino a essere gestite in modo esclusivo dallo stato. Tra queste anche l’ambiente, la produzione e la distribuzione dell’energia, la sicurezza sul lavoro e gli ordinamenti professionali.
- Modifica delle modalità con cui i cittadini possono richiedere l’indizione di referendum abrogativi e proporre leggi d’iniziativa popolare – La riforma stabilisce due tipi di quorum per i referendum abrogativi. La consultazione è valida se va a votare il 50 per cento più uno degli aventi diritto se a richiedere la consultazione sono state 500mila persone. La novità consiste nel fatto che il quorum scende al 50 per cento più uno di chi è andato a votare alle ultime elezioni politiche nel caso in cui a proporre il referendum siano state 800mila persone. Infine, per proporre al parlamento una legge d’iniziativa popolare non servono più 50mila firme, bensì 150mila.
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