Cronaca
Mezzo secolo in vetta, a Capodanno appuntamento con la Santa Messa al Pizzo Formico
Martedì 1 gennaio la tradizionale Santa Messa al Pizzo Formico.
Un corale saluto in quota, nel segno dell’amicizia e delle bellezze del Creato. Si rinnova martedì 1 gennaio 2019 alle 10.30 in vetta al Pizzo Formico (a cavallo fra la Val Gandino e l’Altopiano di Clusone) l’appuntamento della S.Messa in quota dedicato a tutti gli escursionisti.
Ogni anno sono centinaia coloro che raggiungono i 1636 metri del Formico, per assistere alla celebrazione, presieduta negli ultimi anni da don Giuseppe Zambelli, vicario parrocchiale di Clusone. Ad avviare la felice tradizione fu don Martino Campagnoni, che nel 1970, insieme ad alcuni amici, salì per la prima volta. Ha celebrato ogni anno, ininterrottamente, il rito sino al 2015. Quest’anno sarà dunque un anniversario importante: la Cinquantesima edizione del ritrovo.
L’appuntamento è ormai irrinunciabile per appassionati e camminatori. Nelle giornate di cielo terso si può godere di godere dello splendido panorama che dal Formico spazia a 360 gradi su Alpi e Prealpi, con Alben ed Arera a sud, Alta Val Seriana, Altopiano di Clusone, Redorta, Coca e Presolana a nord, sino addirittura all’Adamello. Gli escursionisti possono salire dal Monte Farno a Gandino (accesso carrabile sino alla ex Colonia, parcheggi regolati da Gratta & Sosta acquistabili in paese negli esercizi pubblici) da Clusone-San Lucio (con tracciato più impegnativo), oppure ancora attraverso il tracciato che porta in quota dal Santuario della Ss.Trinità di Casnigo, lungo la “Traversata dei Pizzi”.
L’altare viene allestito ai piedi della grande croce in ferro, posta sul Formico nel 1933, in coincidenza con l’Anno Santo, indetto per ricordare i diciannove secoli dalla morte di Cristo. Per questo è alta esattamente 19 metri, con la ragguardevole apertura di 9 metri. Fu benedetta nell’agosto 1933 dall’arciprete clusonese mons. Attilio Plebani. Per la realizzazione dell’opera furono coinvolte centinaia di persone ed in particolare gli agricoltori della contrada baradella dei “Cuminì“, che misero a disposizione braccia, cavalli, muli e asini per il trasporto dei materiali: solo per la parte in ferro si aggirava sui 4600 kg. di peso.
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