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Cronaca

1 dicembre: Giornata mondiale di prevenzione dell’AIDS

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1 dicembre: Giornata mondiale di prevenzione dell’AIDS. I dati in bergamasca.

In occasione del 1° dicembre, Giornata mondiale della lotta contro l’AIDS, l’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo rende noti i dati nella Bergamasca al 31 dicembre 2018. I numeri del 2018 ci dicono che in provincia di Bergamo ci sono circa 3.065 persone che hanno contratto l’infezione con il virus HIV (Human Immunodeficiency virus). Nel 75% dei casi è presente nei maschi, nel 25% nelle femmine, esordisce la dottoressa Livia Trezzi, responsabile dell’UOS Prevenzione e Sorveglianza Malattie Infettive di ATS Bergamo.

La frequenza maggiore delle persone sieropositive si concentra prevalentemente nelle fasce di età tra 40 e 60 anni“Questo non significa che per tutti l’infezione è stata contratta a quest’età. I più, infatti, si sono infettati negli anni precedenti e, avendo aderito ai protocolli terapeutici, hanno evitato l’evoluzione dell’infezione a malattia conclamata”, continua la dottoressa Trezzi che specifica: “Una persona dopo almeno sei mesi di terapia può già presentare agli accertamenti ematici una carica virale non rilevabile e, quindi, non trasmissibileSignifica che non è più contagiosa, non trasmette il virus ad altre persone e può avere una buona qualità della vita”.

L’assistenza sanitaria per le persone che si sono infettate o che hanno sviluppato la malattia ha un costo piuttosto importante: nel 2018 nella provincia di Bergamo sono stati spesi circa 33.000.000 di euro tra visite ambulatoriali, ricoveri e farmaci. Le cure sono garantite per tutti in forma gratuita, considerata la loro efficacia.Un’altra spesa riguarda l’inserimento in case alloggio per malati di AIDS e sindromi correlate. Sono persone che presentano un quadro clinico importante, spesso anche associato a un quadro sociale fragile e di forte disagio, che necessitano di una assistenza socio-sanitaria intensiva. Nel 2018 le persone residenti seguite in queste strutture sono state 50, con una spesa di circa 1.500.000 euro. 

Altri dati presi in considerazione per valutare l’andamento nel tempo di questa patologia riguardano l’incidenza, cioè i nuovi casi di AIDS e le nuove diagnosi di HIV, che emergono nel corso dell’anno.

Per quanto riguarda la malattia conclamata AIDS, dal 2000 in avanti si è registrato un calo significativo di casi arrivando, nel 2018, a 25 unità:  il picco più alto è stato registrato nel 1994 con 148 casi – prosegue la dottoressa Trezzi – Preoccupa però che circa l’80% dei malati anche l’anno scorso ha avuto una diagnosi tardiva, cioè ha scoperto la propria sieropositività al momento della diagnosi della malattia”.

Come ormai noto il rischio principale di trasmissione dell’infezione è per via sessuale. Per i maschi il 51 % dei malati di AIDS ha dichiarato di essere eterosessuale, mentre il 29% omo/bisessuale (secondo la classificazione di rischio ministeriale).

Anche le nuove diagnosi di infezione da HIV, cioè chi facendo un test ha scoperto la sieropositività, tendono a diminuire. Questo dato viene monitorato, secondo le indicazioni ministeriali, dal 2009. Il picco più alto si è avuto nel 2012 con 122 nuove infezioni, mentre nel 2018 sono state 73. Il 78% dei casi individuati riguarda il sesso maschile; la percentuale tra etero e omo/bisessuali, in riferimento alle loro dichiarazioni, tende ad essere simile: nei primi è del 44% contro il 41% dei secondi.

“Un dato interessante riguarda l’età alla diagnosi del 1° test positivo nei maschi: gli omo/bisex presentano un’età più giovane. Questo dato è positivo ed attribuibile al risultato ottenuto dalle campagne di promozione del test da parte delle associazioni di rappresentanza”, evidenzia la dottoressa Trezzi.

Purtroppo però sia per i maschi sia per le femmine la scoperta della positività, in circa la metà dei casi, avviene a seguito di controllo per altra patologia e non a seguito di controllo routinario per comportamenti a rischio: evidentemente la consapevolezza non è ancora così diffusa.

Nelle donne è stato ormai da anni inserito il test di screening per HIV al momento della gravidanza: è un valido strumento sia per la donna sia per il nascituro in quanto permette di mettere in atto interventi terapeutici precoci e mirati. Dal 2009 al 2018 sono state individuate 27 donne sieropositive, che ignoravano il loro stato: 14 erano italiane, 13 straniere.“A quasi 40 anni dalla comparsa del virus e dopo una fase di disorientamento adesso disponiamo di strumenti efficaci che, se anche non riescono a debellare l’infezione, sono validi a tenerla sotto controllo – conclude il dottor Carlo Alberto Tersalvi, direttore sanitario di ATS Bergamo – Purtroppo c’è ancora chi – 360 persone stimate in provincia di Bergamo – ignora il proprio stato di positività e quindi, inconsapevolmente, continua a diffondere l’infezione e a non sottoporsi alle cure. Questa giornata mondiale deve essere quindi anche un appello a comportamenti responsabili perché la sessualità sia vissuta in modo consapevole e rispettosa“.

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