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CENE

Tay-Sachs infantile, unico caso in Italia: è la piccola Lia

Tay-Sachs infantile, unico caso in Italia: è la piccola Lia di 2 anni. La bambina abita a Cene con i genitori e la sorella che ogni giorno lottano per darle una vita migliore.

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Lia è una bambina di 2 anni che trasmette molta serenità. Seppur sia ormai allettata e nutrita artificialmente, la più piccola bambina affetta da malattia di Tay-Sachs accertata in Italia, è in grado di comunicare molto più di tanti adulti. Forse perché l’amore che la circonda è talmente puro che anche lei è in grado di trasmetterlo. Sono andata a trovarla in un pomeriggio di gennaio a casa sua, a Cene, in media Val Seriana. Ed è stato uno degli incontri più emozionanti della mia vita.

Lia e la Tay-Sachs infantile, unico caso in Italia

Lia ha da poco compiuto due anni, il 2 gennaio per la precisione. In soggiorno ci sono ancora i palloncini che ricordano la festa. E il clima che si respira, nonostante fuori il tempo sia grigio e a Lia non resti molto da vivere, è di familiarità. Ad accogliermi mamma Sara Bertoli, di Cene e papà Massimo Paganessi, di Vertova. 

Non è facile per me affrontare questa intervista. Ho un bambino nato negli stessi giorni di Lia, nello stesso ospedale, e non è facile pensare a come possano vivere questi genitori la loro quotidianità. Lia infatti, come detto, ad oggi è l’unica bambina in Italia affetta fin da neonata da questa malattia metabolica rarissima che non lascia speranza di vita. 

La sua storia è condivisa dai genitori attraverso la pagina Facebook “Il Diario di Lia – combattiamo la Tay-Sachs un giorno alla volta”, dove costantemente aggiornano amici e conoscenti su come sta la piccola e su come si sta evolvendo la malattia. Perché in questi casi non c’è nessuna certezza. E spesso, purtroppo, nessuna spiegazione.

La manifestazione della malattia 

Il racconto di mamma Sara va indietro nel tempo, alla nascita di Lia. Il 2 gennaio 2018 Lia nasce sana all’ospedale di Piario, in alta Val Seriana, dopo un parto cesareo dovuto ad una gestosi a fine gravidanza. Lia sta bene e nei primi mesi sviluppa tutte le abilità proprie dei neonati. “Finché – racconta mamma Sara – verso il sesto mese mi sono accorta che c’era qualcosa che non andava. Lia non beveva più bene il latte e non riusciva a stare seduta. Non mi sono subito allarmata. Ogni bambino è a sé. Ma avendo giù un’altra bimba di 5 anni mi sono accorta che lo sviluppo di Lia non era in linea con la sua età”.

E qui comincia il calvario della famiglia, non tanto per la diagnosi che ne conseguirà, ma per il tour de force dentro e fuori dagli ospedale e per la mancanza di informazioni. 

“Abbiamo cercato di avere risposte ovviamente rivolgendoci al pediatra di famiglia e facendo fisioterapia all’ospedale di Gazzaniga – continua Sara -. Era l’autunno del 2018, Lia sembrava recuperare quando sono sopraggiungete le prime crisi convulsive e i necessari accertamenti all’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano”.

Dopo mesi dentro e fuori gli ospedali, con non poche problematiche legate alla burocrazia e alle lungaggini della sanità italiana, nei giorni del primo compleanno di Lia, dopo diversi esami (tra cui il test genetico sul Dna), ad allarmare i genitori è l’esito di una visita oculistica approfondita: la bambina ha infatti una macula rosso ciliegia, tipica delle persone affette da Tay-Sachs.

La diagnosi e la ricerca personale 

Quando il 26 marzo i medici del Besta confermano ai genitori la diagnosi di Tay Sachs, insieme alle parole “Non esiste alcuna cura , fatele vivere bene i giorni che ha”, a Sara e Massi cade il mondo addosso. 

“Anche se in verità – precisa il papà – avendo già cercato in internet, eravamo pronti. Quello che più ci ha spiazzati però è che, dopo l’accertamento della malattia, siamo stati lasciati soli. Alle famiglia infatti non vengono indicate vie alternative per alleviare il dolore o per migliorare le condizioni di vita. Così ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo cercato di capirne di più”.

Malattia da Tay-Sachs, cos’è e quante persone colpisce 

Documentandosi dunque Sara e Massi hanno scoperto che la malattia di Tay-Sachs, è caratterizzata dall’accumulo di gangliosidi G2 da deficit dell’enzima esosaminidasi A. La sua prevalenza è 1/320.000 nati vivi. In sostanza, per la mancanza dell’enzima A, le cellule continuano ad accumulandosi nel cervello non permettendone il corretto sviluppo. 

Si distinguono tre forme, in base all’età d’esordio. La forma infantile (tipo 1) compare tra i 3 e i 6 mesi di vita, ed è quella da cui è affetta Lia. Nella forma giovanile (tipo 2), l’esordio avviene tra i 2 e i 6 anni di vita, La forma dell’adulto o cronica (tipo 3) può esordire attorno ai 10 anni di vita ma, spesso, la malattia non viene diagnosticata fino all’età adulta. Le prime due portano a uno stato di decerebrazione e sono letali.

Come vive oggi Lia 

Nonostante dunque per Lia non ci siano margini di miglioramento, i genitori non hanno mai smesso di cercare e di confrontarsi con altre persone che stanno vivendo il loro dramma. 

“In Italia purtroppo non esiste un’associazione di riferimento – spiega Sara -. Per questo abbiamo aperto la pagina Facebook, per essere d’aiuto a quei genitori che si trovano nella nostra situazione e non sanno dove sbattere la testa. Sono stata ad un convegno in Germania la scorsa estate, dov’è stato detto che è molto strano che in Italia siano stati diagnosticati solo 3 casi. Forse perché non tutti i medici sono in grado di riconoscere questa malattia. Noi vorremmo che il lavoro svolto fino ad oggi, non vada solo a favore della nostra Lia, ma anche di chiunque altro abbia bisogno”.

Nel frattempo è giunto il secondo compleanno di Lia e la piccola ha passato mesi bruttissimi con ricoveri al San Gerardo di Monza dovuti a crisi epilettiche e peggioramenti. 

Ora però da qualche settimana la famiglia ha trovato un equilibrio, precario come precisano i genitori, ma pur sempre un equilibrio. 

Lia è a casa, circondata dall’affetto dei propri cari e curata giornalmente dal personale medico del Servizio domiciliare.

I genitori cercano di stimolarla e di farla stare bene con attività ricreative quali la pet therapy, la musicoterapia e molto altro.

“Finché Lia sarà viva – continua Massi – faremo di tutto perché la qualità della sua vita sia ottimale. Vogliamo evitare di vederla in un letto di ospedale a spegnersi lentamente, invece qui tra le mura di casa è circondata dall’affetto nostro e della sorella Chiara”.

“Non è facile – aggiunge Sara -, a volte la sorella vorrebbe vedere Lia giocare come tutti gli altri bambini ma noi con lei siamo stati sinceri. Perché è solo accettando la verità che possiamo essere più sereni”.

In Inghilterra inoltre in questo periodo è in atto una cura genica sperimentale, che il medico che ha seguito Lia, il dottor Maurizio Scarpa, conosce molto bene.

“A breve sapremo se questa cura sperimentale – aggiunge Sara – sarà usufruibile anche da Lia. Le speranze sono pochissime, perché la malattia è molto avanzata, Lia non ci vede più ed è alimentata attraverso la peg. Quello che ci rattrista è che nel corso degli ultimi mesi abbiamo contattato realtà quali Telethon, senza ottenere alcuna risposta. Lia è l’unica bambina in Italia affetta da Tay-Sachs da quando è neonata e nessuno prova a curarla. Ci chiediamo su cosa facciano ricerca. Non tanto per lei, ma per chi avrà la stessa malattia dopo di lei”.

Il grande amore di tutti per Lia 

La famiglia aveva anche avviato una raccolta fondi (ora chiusa) per sostenere le spese per la piccola. La risposta è stata entusiasmate e sopra ogni aspettativa. E’ grande infatti l’amore che amici e conoscenti hanno per questa bambina così solare, seppur malata.

“Ringraziamo tutti quelli che ci sono stati vicini – concludono i genitori – e ricordiamo che se noi non molliamo e continuiamo a lottare è per vedere Lia felice ma soprattutto per le famiglie che in futuro avranno bisogno come noi di informazioni e sostegno”.

Perché, seppur l’unica certezza in questa storia è che Lia morirà (come tutti noi del resto), quello che ho capito è che le malattie rare non si sconfiggono con le raccolte fondi, spesso meri specchi per le allodole, ma con l’amore incondizionato che solo due genitori che si trovano in questa situazione possono donare.

E quello che ci insegnano bambini come Lia, è che basta un sorriso accennato a dare un senso alla vita. Seppur breve, seppur sofferente ma sicuramente piena d’amore.

Prima di andarmene saluto Lia cercando la sua manina, lei non può stringermela, non riesce. Ma io sento lo stesso una presa, come se appena provasse a stringermi il palmo. Un caso dite voi. O meglio, una suggestione. O magari, penso io, un semplice modo di dirmi grazie. E io dico grazie a te Lia, per avermi ricordato quanto vale la vita. La nostra ma soprattuto la tua. 

Gessica Costanzo

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