Cronaca
DG ex Bolognini risponde a Valseriana News: “Alzano non è stato focus locale da cui tutto ha avuto origine”
Le risposte del DG dell’ex Bolognini: “Ad Alzano fatto tutto secondo protocolli. Sia gestione dei pazienti che sanificazione. Questo non è un focus locale da cui tutto ha avuto origine”.
Francesco Locati, Direttore Generale dell’ASST Bergamo Est (ex Bolognini) risponde a Valseriana News riguardo alla gestione e alla situazione dell’ospedale di Alzano Lombardo. L’intervista è stata concessa dopo i contatti intrapresi con l’azienda ospedaliera già da metà marzo, a cui era sempre stato risposto un “no comment”.
E’ stata l’occasione per la nostra giornalista Gessica Costanzo, di sottoporre al Direttore i numerosi dubbi che gli stessi cittadini si erano posti a riguardo della gestione dell’ospedale di Alzano Lombardo visto le differenze con Codogno e visto il dilagare dei contagi sia internamente che estremamente alla struttura della bassa Val Seriana.
Da Welfare Lombardia indicazioni a non parlare con la stampa
L’intervista parte da una comunicazione inviata da Locati per email a tutti dipendenti della ASST Bergamo Est in data 11 aprile alle 13:57 dove si legge: “Abbiamo ritenuto di non rilasciare alcuna dichiarazione sino al 10 aprile anche per ottemperare ad una precisa indicazione della Direzione Generale Welfare e dell’assessorato regionale al Welfare”.
A questo proposito chiedo: perché l’assessorato al Welfare vi ha dato indicazioni di non parlare con la stampa se le cose sono state fatte attenendosi ai protocolli? Capisco il periodo di emergenza ma il diritto di cronaca è uno dei fondamenti del giornalismo.
Innanzitutto voglio premettere che la gestione di un’emergenza sanitaria come quella cui stiamo assistendo ormai da più di 50 giorni (e che non è ancora finita) non ha pre- cedenti nella storia dei sistemi sanitari come noi li conosciamo. Anche le categorie che vengono utilizzate nella gestione di infezioni che si presentano con un anda- mento epidemico (come nel caso della meningite da meningococco nel Basso Sebino pochi mesi fa) nulla hanno a che fare con ciò che l’OMS ha definito l’infezione da Covid – 19, ossia una vera e propria pandemia. Quindi per gestire un’emergenza di questa portata voglio sottolineare l’impegno che è stato profuso, in particolare da parte di medici, infermieri, personale tecnico e di supporto, che è stato e continua ad essere enorme.
Detto questo, si tratta di una situazione assolutamente emergenziale in cui ci siamo attenuti alle indicazioni disponibili, oggetto di continui aggiornamenti, resi necessari dalla rapida fase ascendente della pandemia. In pochi giorni siamo stati costretti a riscrivere l’intera organizzazione di un sistema in un’ottica appunto emergenziale.
Per questi motivi è assolutamente indispensabile una grande sinergia tra i diversi attori del sistema sanitario, con un costante flusso di informazioni tra centro regionale e aziende sanitarie sul territorio, se si vuole governare un fenomeno fino a qualche settimana fa del tutto sconosciuto. Ciò ha comportato un inevitabile rallentamento delle attività di comunicazione, con la sola esclusione di quella strettamente istituzionale. Tutti i giorni nel corso delle conferenze stampa sono rese pubbliche informazioni da parte dell’Assessore al Welfare (o da altro componente della Giunta Regionale) sull’andamento della pandemia.
Un approfondimento sul 23 febbraio
Torniamo al 23 febbraio. Ci può spiegare come vi siete organizzati nell’Unità di Crisi e cosa è stato deciso quel giorno.
In quella domenica si è avuto rilievo di 2 positività di Covid – 19 ; da ciò è discesa l’immediata adozione degli interventi previsti dai protocolli aziendali, ovviamente derivanti dalle Linee guida riconosciute dalle Autorità Sanitarie fino a quel momento. Abbiamo attivato l’unità di crisi aziendale, con la presenza di alcuni componenti del Comitato Infezioni Ospedale, analizzando la situazione e concertato i passi necessari in stretto raccordo con la Direzione Generale Welfare.
Riesce a spiegarci chi aveva competenza sulle decisioni da adottare ad Alzano?
Le decisioni, in quel contesto, competevano alla direzione strategica che si è confrontata con i Capi Dipartimento e, come detto sopra, con la Direzione Generale Welfare, che ovviamente aveva una visione globale dell’andamento delle infezioni nell’intero territorio lombardo.
Il focus su Pronto soccorso e reparti
Perché il Pronto soccorso è stato riaperto in serata senza una sanificazione approfondita (come a Codogno per intenderci)?
La sanificazione è stata eseguita immediatamente e con personale interno, ma non per questo in modo meno approfondito rispetto a ciò che avrebbe potuto fare un operatore esterno, tutt’al più con strumenti differenti. Sottolineo che la sanificazione effettuata è quella a tutt’oggi prevista dai protocolli operativi.
Come si è agito quel giorno nei reparti di Medicina e Chirurgia dov’erano stati ricoverati nei giorni precedenti i primi pazienti positivi come Ernesto Ravelli. Avete sanificato? Se sì, quando?
La sanificazione è un processo che viene regolarmente svolto tutti i giorni, a livello personale, degli arredi e dell’ambiente, a fronte della dimissione o dell’ingresso di ogni paziente. Nel caso di malattie infettive viene posta ulteriore attenzione agli ambienti comuni. Il paziente, ricoverato dal giorno prima e “appoggiato” nel reparto di chirurgia, era in isolamento stretto (ovvero in camera da solo) e tutto il personale dedicato e il congiunto presente erano dotati di DPI appropriati. Il reparto di chirurgia è stato svuotato (e sottoposto a completa sanificazione) dismettendo i pazienti dimissibili e bloccando i ricoveri in elezione; i non dimissibili sono stati trasferiti in altro reparto dell’area chirurgica. Il reparto di Medicina aveva tutti i letti occupati, per cui si è provveduto all’isolamento per coorte dei pazienti con virosi respiratoria sfruttando i due piani sui quali è dislocato il reparto. Le sanificazioni sono sempre state condotte come da protocollo.
Perché non si è chiuso tutto?
Alla luce del fatto che il Covid-19 fosse ovunque (sappiamo che il 24 risultò positiva al tampone una paziente minore di Psichiatria) non era più opportuno chiudere tutto come fatto a Codogno?
La chiusura di un ospedale è una misura che travalica le sole competenze di un’Azienda Sanitaria perché ha importanti ripercussioni sull’intero sistema, andando a compromettere l’offerta di prestazioni urgenti non differibili. La sospensione temporanea di un’attività essenziale, come il Pronto Soccorso, può essere ipotizzata se intervengono fattori straordinari e solo per un breve periodo. C’è stata un’approfondita valutazione dell’Unità di Crisi e un confronto con la Direzione Generale Welfare che aveva ovviamente il quadro della situazione complessiva a livello regionale, e che evidenziava casi positivi non più limitati alla Provincia di Lodi ma diffusi nella maggior parte delle provincie lombarde.
Lei in altre interviste ha detto che “il tenere aperto” ovvero l’operatività dell’ospedale ha permesso di continuare a garantire un servizio indispensabile ma in questo modo non le pare abbastanza evidente che il contagio si sia profuso senza sosta dentro e fuori l’ospedale?
Siamo in presenza di una pandemia che ha toccato tutti i paesi del mondo. L’idea che esista un focus locale da cui tutto ha origine è concettualmente errata.
Il confronto con Codogno
A questo proposito Lei mi potrà dire che col senno di poi siamo tutti bravi. E avrebbe ragione. Però a Codogno è stato chiuso tutto da subito (20 febbraio) per giorni. Questa diversa gestione a distanza di pochi km e di pochi giorni – e soprattutto nella stessa Regione – capisce che dà adito a tutte queste domande.
Le due situazioni non erano sovrapponibili, anche solo dal punto di vista temporale. Diversi ospedali alla data del 23 febbraio hanno registrato l’emersione di casi di positività pur in assenza dei criteri diagnostici previsti dai protocolli che erano in vigore.
La lettera di Marzulli, pubblicata su TPI.it
Perché, sempre a questo proposito, non avete ascoltato quanto richiesto dalla lettera del dottor Marzulli del 25 febbraio? La lettera come saprà è apparsa su vari siti, tra cui, il primo TPI.it.
In quella lettera si faceva riferimento al maggior afflusso di pazienti con sintomatologia febbrile e con problemi respiratori che, se positivi al tampone, dovevano, come da protocollo, essere trasferiti in un reparto di malattie infettive (il riferimento per noi è l’ASST Papa Giovanni di Bergamo), cosa che è avvenuta, in particolare per Alzano, nella fase iniziale della pandemia. Del resto se il Pronto Soccorso di Alzano fosse stato chiuso gli altri Pronto Soccorso aziendali sarebbero stati nell’impossibilità di accogliere e curare tutti i pazienti che sono stati presi in carico.
C’è stato effettivamente uno scontro tra direzione generale / regione e direzione medica?
Uno scambio di comunicazioni interne non rappresenta necessariamente uno scontro. Come detto sopra l’obiettivo era quello di concertare una decisione operativa con le evidenze che, fino a quel momento, avevamo a disposizione.
Tamponi e tracciatura di dipendenti e parenti
Con che logica sono stati fatti i tamponi ai dipendenti?
Nelle primissime ore sono stati fatti agli operatori del PO di Alzano definibili come “contatti stretti” con i pazienti risultati positivi al tampone. Già dal lunedì la diffusione del virus era registrata anche negli altri ospedali per cui ci siamo adeguati all’indicazione di effettuare i tamponi ai soli dipendenti sintomatici.
I parenti che erano in ospedale il 23 sono stati tracciati o messi in quarantena? A noi risulta che molti di loro non siano stati né tracciati né messi in quarantena, diven- tando inevitabilmente veicoli del virus. Di chi era competenza ricostruire i contatti e mettere in isolamento? Vostra o di ATS?
Lo svolgimento di questa funzione è compito di ATS.
Mi ha molto colpito la storia del dipendete Gennaro Leardi che, secondo quanto dichiarato a noi in video da un’amica ed ex collega, in una lunga telefonata di inizio marzo si era detto molto preoccupato perché negli uffici erano ancora sprovvisti di DPI. Le risulta? A questo proposito ci può dire quando sono stati dati i DPI a infer- mieri, medici e impiegati?
Come saprà poi Gennaro è morto in casa. Non si poteva fare di più per aiutare questo dipendente che era solo?
La morte di Gennaro ha colpito profondamente tutti. Era molto stimato per le sue doti umane e professionali. Nel periodo in cui è stato in servizio è stato dotato di mascherina, come tutto il personale amministrativo in servizio presso il PO di Alzano (Gennaro era assegnato alla Direzione Medica di Presidio), per quanto non a diretto contatto con i pazienti. La sua morte ci addolora molto: rientrava tra quei pazienti che non necessitavano di ricovero ospedaliero. Il personale addetto all’assistenza è stato dotato da subito dei dpi.
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GIUSEPPE VERDERIO
15 Aprile 2020 at 10:12
NON C’è CHE DIRE ,LA FACCIA TOSTA NON GLI MANCA! RIESCONO A NEGARE L’EVIDENZA !!
Stregabakeka
15 Aprile 2020 at 11:12
Nessuno mai si assumerà la responsabilità… siamo sempre e solo numeri… e chi non c’è più oramai è andato e chi rimane lecca ferite e incassa stronzate… sinceramente.. chissà se certa gente dorme la notte… bisogna solo chiedere scusa! Oramai la frittata è fatta e il prezzo che bisognerebbe pagare.. troppo alto! Chiedete almeno scusa!da qui a finché campate chiedete scusa! Punto !
Raffaele
15 Aprile 2020 at 11:26
Vedremo se saprà essere cosi rassicurante anche di fronte alle domande di un Procuratore della Repubblica….arriverà il tempo dell’accertamento della verità.
ope
15 Aprile 2020 at 11:44
…. e oggi , gli ospedali della ASST Bergamo Est come stanno funzionando? C’è personale almeno a sufficienza? I pazienti e tutte le persone che ci lavorano sono in sicurezza? Vorrei che chi ha la possibilità di effettuare controlli su ciò, agisca.
Emanuela
15 Aprile 2020 at 13:36
È vero di tutta questa storia non ci sarà mai chi pagherà, hanno pagato i nostri morti che non rivedremo più, e tutti gli ammalati. Pensiamo anche al lavoro immenso di tutti gli operatori sanitari magari testimoni di queste mancanze, ma che non potevano fare nulla, se non combattere x salvare la vita agli altri, rimettendo i molte volte la loro.
Andrea
15 Aprile 2020 at 15:37
Quando cadrà Fontana magari non per Alzano, ma per il discorso case di riposo ( Pio Albergo Trivulzio) ci sarà l’effetto domino…
MANLIO
15 Aprile 2020 at 18:25
Vediamo se qualcuno nella magistratura riuscirà finalmente a inchiodare certi personaggi alle proprie responsabilità.
Soprattutto per rispetto di quelli che non ci sono più e di tutti gli onesti cittadini che non hanno certo le fette di salame sugli occhi.
gian
15 Aprile 2020 at 18:31
intanto si è deciso dopo dieci giorni a rispondere alle domande. Mi pare abbastanza chiaro che costui sia un semplice portaordini, sprovvisto di qualsiasi nozione di medicina, x questo va rimosso immediatamente, in caso di seconda ondata del virus questo esegue gli stessi tragici scellerati ordini.
MANLIO
15 Aprile 2020 at 18:44
Questo Signore la lezioncina se l’è imparata per bene. Solo adesso ha pensato di dare qualche spiegazione. Quel che è successo è sotto gli occhi di tutti. Mi auguro si faccia presto piazzapulita di certi personaggi e mi fermo qui…
Rosanna
15 Aprile 2020 at 19:29
Interessante, ma costui che ha una risposta per tutto senza aver dubbio alcuno, ha capito cosa è successo? Visto il tempo che ci ha messo a dare spiegazioni forse c’e qualche problema di ……. ritardo ???? E non nel senso temporale.
Marco
15 Aprile 2020 at 20:15
Che omuncolo senza palle, recita a memoria ciò che ha studiato per quindici giorni, un raccontapalle strapagato. Abbi la decenza di sparire.