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Cronaca

“Io muratore-vicesindaco di montagna voglio giustizia per mio papà e la mia Valle”

La storia di Walter Semperboni, muratore e vicesindaco di Valbondione, impegnato nella politica locale e nella lotta contro il Covid-19 raccontata dalla penna di Alberto Luppichini.

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Dalla Toscana Alberto Luppichini raccoglie e racconta la storia di Walter Semperboni, muratore e vice sindaco di Valbondione, impegnato nella politica locale e nella lotta al Covid-19.

La storia politica di Walter

Walter Semperboni, orobico di Lizzola, da tempo ha imparato a vivere più vite insieme. Tutte con passione, da “cavaliere errante” come lo definiscono, o da “rompiballe”, come ama dire lui con autoironia.

Nella sua prima vita, il cittadino Walter fa il muratore. Ma presto si accorge che l’amore per la sua comunità è tanto, troppo per starsene in disparte a guardare. Dalla vicenda del fallimento della Sviluppo Turistico Lizzola a quella dell’immigrazione. Lizzola, 150 abitanti, nel 2015 accoglieva 140 migranti, tutti sistemati in paese e con i 35 euro al giorno assegnati dal governo. “La nostra rabbia era che la politica fosse connivente con il sistema. Un ex deputato dell’Italia dei Valori, Piffari Sergio, li aveva sistemati in alcuni stabili di sua proprietà che aveva ristrutturato con i soldi della regione. Per la nostra comunità, fatta soprattutto di anziani, divenne ben presto una situazione insostenibile. Così, dopo 6 mesi dal nostro insediamento in comune, grazie all’aiuto della prefettura siamo riusciti a spostarli”. Per questa battaglia, si è visto recapitare un proiettile direttamente a casa.

Da quel lontano 2015, Walter inizia la sua seconda vita, quella di politico porta a porta a servizio della sua comunità. Fino al maggio 2019, quando con la sua lista indipendente “Valbondione c’è” diventa maggioranza con 93 preferenze, e anche il vice di Romina Riccardi, oggi sindaco di Valbondione. A inizio 2020 scoppia l’emergenza Covid 19 e per Walter inizia un’altra vita, la terza.

La battaglia contro il Covid-19 e la perdita del padre

Una guerra in trincea al fianco di medici di base, ospedali e soprattutto cittadini piegati dalla malattia e dalle perdite. Finché, a fine febbraio, inizia la guerra per lui più intima e dolorosa, quella di suo padre contro la malattia. “Venerdì 23 febbraio, alla sera, tornavo da lavoro e trovavo mio padre che non stava bene. Così, senza chiamare la Croce blu, lo portavo all’ospedale di Piario. Dopo un’ora il medico mi comunicava che mio padre aveva una presunta polmonite”. Il padre è una persona sana, con l’eccezione di una malattia polmonare cronica, la silicosi, contratta ai tempi dell’adolescenza. A quattordici anni, aveva lavorato per almeno 4 anni nelle miniere di ferro di Lizzola. “L’ho lasciato in ospedale comunicando al medico che soffriva di questa malattia. Sono tornato il giorno dopo, sabato 24 febbraio, a portargli i vestiti e stava bene. Ha passato una settimana al presidio ospedaliero di Piario in buona salute, dal 23 febbraio al 1 marzo. Veniva aiutato con un po’ di ossigeno, ma durante quella settimana non lo hanno mai intubato. Lo sentivo al telefono e spesso andavo a trovarlo, insieme alle mie due sorelle”. Poi le dimissioni, il 1 marzo. “In tarda mattinata lo dimettevano. Io arrivavo a casa alle due del pomeriggio e lo trovavo seduto sulla poltrona in condizioni critiche. Non stava per niente bene. Nel pomeriggio peggiorava, alle 8 di sera era come un morto. Aveva smesso di rispondermi e aveva vomitato. La febbre a 40. Allora decidevo di chiamare la Croce Blu”. Qui Walter si arrabbia, alza la voce contro tutto quell’insopportabile coro che blatera di “anziani” e “patologie pregresse”. Il padre di Walter, Antonio, apparte la silicosi, stava bene. E il suo stile di vita non dimostrava gli 80 anni. “Al mattino curava l’orto e annaffiava i fiori. Dopo pranzo scendeva con l’ape a giocare a carte con mia mamma. Tornava alle cinque, sistemava l’orto e andava dalle sue galline. Un anziano in forma”. Si torna a quella sera del 1 marzo. La prima preoccupazione è stata chiamare il suo datore di lavoro, a cui piangendo comunicava che il giorno dopo non avrebbe potuto presentarsi. “Poi chiamavo la Croce Blu e lo riportavano a Piario, da dove era stato dimesso. Dopo 16 ore di attesa, una dottoressa mi comunicava che mio padre aveva contratto il Coronavirus. Da quel momento non l’ho più visto”. Dal 23 febbraio al 1 marzo, in una settimana di degenza, a nessuno dell’ospedale di Piario veniva in mente di fargli un tampone. Proprio tra il 22 e il 23 febbraio, all’ospedale di Alzano, vengono scoperti i primi due casi Covid positivi. Come mai all’ospedale di Piario non si fa niente? L’omissione risulta ancora più grottesca perché l’ospedale di Piario risponde alla stessa direzione sanitaria di quello di Alzano e del presidio di Seriate. Perché, nell’urgenza di una bomba che stava per esplodere, la direzione sanitaria non ha adottato un protocollo di emergenza comune sulle diagnosi da polmonite bilaterale interstiziale, sui tamponi e sulla regolamentazione delle visite dei parenti? Interrogativi inquietanti che richiedono una risposta. Soprattutto, sul come la mancanza di direttive e quindi l’improvvisazione del personale, abbia determinato una cattiva gestione dei pazienti infetti.

Walter ne è sicuro: “Mio padre, nonostante l’infezione, non era peggiorato. Tant’è che potevo parlarci per telefono. Ma ultimamente mi ripeteva sempre la stessa cosa: mi hanno parcheggiato qua e mi stanno lasciando morire”. La preoccupazione del padre, nonostante le condizioni precarie, va alla sua comunità. Non avendo la televisione e non conoscendo l’evoluzione del virus nelle valli, è preoccupato di avvisare il figlio: “Se dovessi morire, portatemi subito al cimitero perché non voglio infettare altra gente in paese”. Ma intanto arrivava la chiamata che Walter non avrebbe mai voluto ricevere. Suo papà stava peggiorando rapidamente. “Fate qualcosa, intubatelo, dicevo al dottore. Ma mi risposero che, vista l’età, non potevano procedere. Le condizioni erano troppo gravi e le probabilità di vita troppo basse”. Così, il sistema sanitario ha messo i medici spalle al muro, in una scelta drammatica tra chi lasciar vivere e chi morire. “Con mio padre è successo. E ho avuto paura che succedesse anche a mia mamma. E’ stata due giorni a letto, e nemmeno un dottore che si sia degnato di salire. Per fortuna mi sono impuntato e ho ricevuto assistenza”. La mamma di Walter, 58 anni insieme al papà Antonio, ha forse subìto un trauma psicologico che l’ha fatta crollare. Poi tutto si è risolto, per fortuna. Ma lui, Walter, ha passato dieci giorni da incubo, dal primo all’undici marzo. “In quei 10 giorni ho sempre avuto 38 di febbre e perso 10 kg. Poi è passato”. Ma né a lui né alla madre è stato fatto il tampone.

Il virus è penetrato nelle valli proprio per l’assenza di risposte adeguate, anche riguardo la quarantena e proprio i tamponi. “Ho chiamato l’ATS e ho chiesto come dovevo comportarmi. La risposta è stata: quindici giorni di quarantena, la chiameremo noi tutti i giorni. Mi hanno chiamato forse due volte senza mai controllare attivamente che stessi a casa. E poi, io che ho avuto un familiare morto, dovrei avere diritto a un tampone, no?”. Quello che a Walter rimane, oltre all’amarezza, sono tanti interrogativi, comuni a molti cittadini delle valli, circa la gestione dell’emergenza nel distretto Alzano-Piario-Seriate. “All’ospedale di Piario, dov’è stato ricoverato mio padre, dopo i primi positivi ad Alzano non si sono subito attrezzati in modo adeguato. Il pronto soccorso pieno di gente come al solito, niente corsie differenziate per i pazienti Covid e personale non abbastanza protetto. L’unica cosa fatta è stata trasformare il reparto di chirurgia in un padiglione apposito Covid”.

Una riflessione più ampia: perché la Val Seriana?

Walter non vuole che suo padre sia morto invano. Ha a cuore di preservare un bene prezioso per la sua comunità, la verità. Per questo teme che, in uno scarico generale di responsabilità, la sua morte, come quelle di altri, non vengano imputate al virus ma a “patologie pregresse”. “Chiederò la cartella clinica, a mie spese, per verificare che sia stata detta la verità sulla sua morte”. Verità che cercano in molti, nella Valle, in una guerra che Walter ha perso contro il dolore ma affronta con speranza, per la sua gente. Perché Bergamo? Perché la Valle? C’è stato qualcosa che si poteva fare, per evitare una carneficina di queste dimensioni? Una possibile risposta sta nella mai dichiarata zona rossa. In prospettiva, lo dicono i fatti: Codogno, il primo focolaio, è stato anche il primo a registrare un miglioramento significativo nei dati dei decessi e dei contagi. “C’è stata la forte pressione di Confindustria, perché ad Alzano e Nembro ci sono imprese importanti, e il governo non si è preso la responsabilità e ha ritirato i militari. Poi, certo, anche la regione ha sbagliato su Alzano. L’ospedale andava chiuso e davvero sanificato. Bisognava creare dei percorsi alternativi per pazienti Covid”.  Secondo Luigi Cajazzo, direttore generale al welfare della regione Lombardia, è andato tutto bene, secondo i protocolli. Per il vicesindaco non è andata proprio così. “Oltre ad Alzano, lo dimostra la vicenda delle RSA. I direttori generali delle RSA lombarde sono stati contattati dalla regione e invitati a riaprire i centri, pena la mancata erogazione dell’accredito regionale. Da lì è successo il patatrac”.

“Restituiamo dignità ai defunti”

L’obiettivo non è trovare un capro-espiatorio a tutti costi, ma restituire dignità ai corpi e alle vite di chi non ce l’ha fatta. Perché quei morti sono persone, comunità, generazioni. E allora non può andare tutto perso. Qui arrivano altri fatti. Succede che un direttore sanitario, Cosentina, condannato in primo grado a due anni e mezzo per le malefatte presso l’ospedale di Saronno, non venga sospeso e anzi assuma lo stesso ruolo presso il presidio ospedaliero Bergamo Est (Alzano, Piario, Seriate). “Il caso Cosentina l’ho fatto esplodere io. Sono io che ho detto a un amico di fare verifiche. Non mi piacevano le cose che mi venivano riportate. E infatti l’uomo non era specchiato. Da lì poi il caso è rimbalzato a Bergamo news e a Chi l’ha visto. Io sono per l’innocenza fino al terzo grado di giudizio. Ma c’è un problema di opportunità. Non era il caso di riciclare una persona di questo genere nella sanità pubblica”.

Un dramma così imponderabile, forse, non poteva essere evitato. Ma la disperazione delle macerie, forse sì. L’unica speranza è che questo sacrificio ci porterà, un domani, a salvare altre vite. E altre Valli.

Alberto Luppichini

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30 Commenti

1 Commento

  1. marcello

    16 Aprile 2020 at 9:44

    dispiace per quello che è successo, ma non è un caso isolato sono stati centinaia o forse migliaia i casi di persone ammalate a casa che non hanno ricevuto nessuna visita da parte di medici, e per fortuna ci dicono che la sanità lombarda è un eccellenza, pensa se non fosse cosi……….

    • Carlo57

      16 Aprile 2020 at 13:54

      …infatti basta vedere qual’è la cricca che ha difeso il pregiudicato Nicola Cosentino, e poi piazzato come direttore anche del presidio sanitario Bergamo Est… e poi sappiamo a chi “citofonare”.

      • ????

        16 Aprile 2020 at 14:08

        Scusa Carlo, puoi essere più preciso a che schieramento politico fa capo “la cricca”?
        Grazie.

  2. gian

    16 Aprile 2020 at 10:19

    Ci hanno trattato a pesci in faccia nel momento di agire con rapidità ed efficienza, lo dimostra il fatto che della vicenda dell ospedale di alzano se ne sia occupato un dirigente di seconda fila come caiazzo. probabilmente non siamo cosi importanti da meritare attenzioni maggiori, per codogno si è mossa mezza italia. ifrutti si sono visti, siamo la zona piu contagiata d europa e penso anche del mondo. la sanita lombarda ne esce sfasciata, salvata solo dal sacrificio e dall eroismo di medici ed infermieri, dirigenti e politici inetti totali.

  3. Alex

    16 Aprile 2020 at 11:41

    Vivo in un piccolo paese dell’alta valle Seriana e anch’io ho perso mio padre 72 anni. Dopo aver cercato di curarlo a casa per circa 10 giorni, la guardia medica aveva diagnosticato una polmonite, in attesa dell’ossigeno che non arriva abbiamo deciso di ricoverato. Era in condizioni pessime, non si alzava da giorni e non era lucido. Il 112 sia alla mia chiamata sia all’arrivo dell’ambulanza cerca di scoraggiare in tutti i modi il ricovero, insisto in quanto sto aspettando l’ossigeno già da 5 giorni e non c’è data certa di quando arriva. In 3 a fatica riusciamo a caricarlo sulla sedia a rotelle e portarlo fuori casa per caricarlo sull’ambulanza, alle 20 partono, direzione ospedale di Esine. Alle 23 una chiamata dall’ospedale di Esine avvisa mia mamma che è stato dimesso. Cerco di capire come sia possibile, chiamo l’ospedale, parlo con il medico del pronto soccorso, mi dice che devo andare immediatamente a prendere mio papà. Cerco di spiegare che sarebbe stato impossibile, da solo, trasportare una persona in quella condizione con la macchina. Il medico si altera, dicendomi che se non andavo subito mi avrebbe DENUNCIATO PER ABBANDONO. Cerco di prendere tempo, fino al mattino quando trovo un ambulanza per riportare a casa mio papà. A sei giorni dalla sua dimissione muore soffocato, tra atroci sofferenze, dalla polmonite covid19.
    Ho assistito mio padre per 15 giorni insieme a mia mamma e mio fratello, logicamente a nessuno di noi è stato fatto il tampone. l’ATS mi ha contattato 2 volte in tutto, mi hanno fatto rientrare al Lavoro UNA SETTIMANA dopo la scomparsa di mio padre, perché la data di riferimento era quella del tampone. Ho spiegato più volte che secondo me era assurdo, avendo assistito mio padre fino all’ultimo respiro. Mi hanno risposto che questa è la procedura e andava bene così……
    Quindi pronti via, sono tornato al lavoro cercando di usare al meglio tutti i dpi forniti, per non diffondere il virus più che per proteggermi. Considerato che per lavoro vado in casa di più cliente tutti i giorni.
    La realtà è ben diversa da tutte quelle belle cose che ci raccontano in televisione, a partire dal fatto che a tutti è stata data un’ assistenza dignitosa….

    Conosco Walter e siamo amici, purtroppo abbiamo subito lo stesso destino in questa tragedia.
    Sono scomparse moltissime persone che conoscevo.
    Cerco comunque di guardare avanti, pensare alla mia famiglia ai miei figli..
    Sperando di vendere presto la luce in fondo al tunnel del coronavirus…

  4. Ope

    16 Aprile 2020 at 12:32

    Questa pandemia ha messo in chiaro la larghezza delle disuguaglianze di salute che ci sono in Italia tra le diverse classi sociali e, tra : chiusura di strutture, riduzione continua di personale, ecc. ecc., molto evidenti nella nostra Valle Seriana mettono in risalto quanto siamo stati discriminati!

  5. al

    16 Aprile 2020 at 12:48

    Sono perfettamente d’accordo con tutti Voi. Condoglianze a chi ha purtroppo subìto dei lutti. Lavoro ad Albino, e non ho mai smesso di lavorare neppure nel periodo più virulento…..Sinceramente non ho proprio più parole per ciò che ho visto, vissuto, sopportato. TEMO……che anche in questa occasione non pagherà nessuno per errori, questa volta enormi……, che hanno causato la morte di tanti padri, tanti nonni, nella più assoluta solitudine.
    Ora è il tempo di stare uniti, di pregare, di aiutarci uno con l’altro…Forse arriverà un tempo anche per riflettere, e per l’ennesima volta…..mai più !!!

  6. Costante

    16 Aprile 2020 at 14:27

    Capisco la sofferenza del Semperboni, ma due articoli nel giro di pochi giorni pubblicati qui sulla sua disgrazia, non penso leniranno il suo dolore. Poi citando anche nomi che nulla hanno acchefare col Covid…

  7. Tom

    16 Aprile 2020 at 14:37

    State facendo dello strano giornalismo, citate dei nomi ma non tutti…
    E qui mi fermo, causa continua censura.

  8. ????

    16 Aprile 2020 at 14:56

    Ora ho capito, chi é il ghostwriter di Walter!

  9. Anita Salvi

    16 Aprile 2020 at 17:39

    Scusatemi il disturbo ma questo articolo mi fa gelare il sangue addosso.
    Quindi Lei, cittadino e Vicesindaco del Comune di Valbondione, con un caso confermato di Covid-19 in famiglia in data 01/03/2020, ha continuato ad andarsene in giro liberamente infettando quella popolazione di anziani di cui parla nell’articolo? Ma quanto egoista è il suo atteggiamento???
    Lei per primo non ha rispettato le regole della quarantena, dimostrando un egoismo esagerato nei confronti dei suoi cittadini.
    Come si nota dalla sua pagina Facebook, il 01/03/2020, data di diagnosi di Covid-19 per suo padre, Lei era al Rifugio Alpe Corte e non a casa in quarantena ( e comunque sarebbero solo 6 giorni dalla data del primo ricovero di suo padre, 23/02/2020).
    Nell’articolo afferma di aver avuto i sintomi da Covid-19 dal 01/03/2020 all’ 11/03/2020, per ben dieci giorni, ma il 16/03/2020 era già in giro in macchina filmandosi pure mentre guida, vero suo padre purtroppo è mancato, ma Lei avrebbe dovuto pensare a non infettare il prossimo.
    Il 23/03/2020, sempre secondo il suo Facebook, Lei, molto probabilmente ancora infetto, stava consegnando mascherine alla popolazione, registrando per le Iene, indossando lo stemma del Soccorso Alpino di cui, dopo alcune ricerche ho scoperto che non è ne membro ne volontario.
    Ma mi scusi ma Lei la quarantena quando l’ha fatta?
    Ultimo post di ieri, dice di essere stanco e lo sottolinea con l’immagine di un aerosol e un dispositivo per l’ossigeno…. La stanchezza si sa, non si cura con l’ossigeno, e se anche fosse per la sua povera mamma, questo significa che Lei è ancora contagioso e a piede libero.

  10. Tom

    16 Aprile 2020 at 17:51

    Questo é Giornalismo!
    Grazie Anita.

  11. Lex

    16 Aprile 2020 at 18:15

    E poi la Sindaca di Valbondione se la prendeva coi presunti untori proprietari di seconde case li. Anvabe…

    • Walter Semperboni

      17 Aprile 2020 at 12:42

      La Sindaco di Valbondione è stata l’unica Sindaco in Valle a capire la gravità tanté che emise un’ordinanza sindacale di chiusura di tutti gli esercizi pubblici,
      e mai ha dato degli “untori”a nessuno;
      Ricordate che non é colpa di nessuno l’essere ammalati

      • Anita Salvi

        17 Aprile 2020 at 15:09

        Anche qui Lei ha ragione, non ha detto “untori” bensì: “ quella parte di villeggianti che sempre denigrano Valbondione perchè caro il pane, cara la pasta, care le tasse, non c’è niente….ma da due settimane hanno riempito case chiuse da anni perché qui l’aria è buona e non costa niente, l’aria è buona solo quando fa comodo” da facebook suo e della Sindaco 08/03/2020.
        Aggiungendo:” ci sono villeggianti che stanno salendo nelle seconde case, perché a Valbondione c’è l’aria buona, incivili, CHI NON RISPETTA LA LEGGE E LA SALUTE è UN DELINQUENTE” facebook della Sindaco del17/03/2020.Lei quindi dove si colloca? Le telecamere le hanno messe per Lei?

        • ????

          17 Aprile 2020 at 15:53

          Azz Anita non sbagli un bersaglio, sei uno dei miei miti ora.
          E poi il tuo nome… lo porti veramente come si deve!

  12. ????

    16 Aprile 2020 at 20:06

    Facebook, ti ha sempre portato sfortuna Walter, fin dai tempi in cui scrivesti quelle belle paroline nei confronti di un nazzista di merda. Io se fossi in te Facebook lo lascierei perdere per un pò. Penso sia meglio.

    • Walter Semperboni

      17 Aprile 2020 at 12:46

      Io invece se fossi in Te avrei quanto meno il coraggio di firmarmi,
      ma oramai è prassi consolidata vedere crescere leoni da tastiera..
      La gente sa chi sono e come mi sono sempre comportato e dai voti ottenuti non risulto la persona che lei vorrebbe far credere..
      La saluto buona giornata

      • ????

        17 Aprile 2020 at 16:07

        Io non sono democratico come Anita.
        Io con uno che porta la M di mussolini pezzo di m, tatuata sul collo, non voglio interloquire col mio nome, non lo merità. Questo é quanto!

        • ????

          17 Aprile 2020 at 16:19

          PS infatti io non mi attendo risposte da te. Tu devi darle ad Anita le risposte. Ma tu stai tergiversarsando per il fatto che non riesci ad ammettere i tuoi ENORMI errori e ti arrampichi sugli specchi.

        • Walter Semperboni

          17 Aprile 2020 at 21:12

          Io tatuo ciò che voglio sul mio corpo,
          non devo certo chiedere a lei cosa è quando,la saluto

  13. Walter Semperboni

    17 Aprile 2020 at 8:21

    La invito a leggere bene i miei post prima di scrivere castronerie,visto che io ho rispettato in ogni modo le regole che mi sono state imposte,sia come Cittadino e tanto più come Amministratore

  14. Anita Salvi

    17 Aprile 2020 at 13:49

    Accetto l’invito ma Lei non ha risposto a cio’ che ho scritto, mi ha solo accusato di dire castronerie,ma vede io non ho inventato nulla, Lei scrive di essere stato male dal 01/03/2020 all’11/03/2020… ma quindi se Lei rispetta le regole come dice, mi ricordi per piacere, è legale filmarsi mentre si sta guidando (16/03/2020)? E’ corretto essere fuori casa 5 giorni dopo aver avuto i sintomi da Covid?
    Magari le nuove telecamere che avete fatto mettere a Valbondione riprendono anche Lei.

    • ????

      17 Aprile 2020 at 14:13

      Ciao GRANDE Anita (il tuo nome é stupendo e tu lo porti con onore!) ed hai pienamente ragione, Facebook questa volta non mente.
      In special modo per coloro che guidano con telefono in mano…

    • Walter Semperboni

      17 Aprile 2020 at 21:09

      Certo riprenderanno pure me dopo i giorni canonici di quarantena..
      L’unica cosa sbagliata è aver fatto un video mentre guidavo

      • Anita Salvi

        18 Aprile 2020 at 12:23

        Bene, per cortesia mi rammenti quanti sono i “giorni canonici” di quarantena? Dieci? Cinque?

        • ????

          18 Aprile 2020 at 17:29

          Con uno così, é una “battaglia” persa Anita, qui c’é dietro altro parecchio altro, per scomodare un Toscano che scriva ciò che ha scritto…

  15. Tomaso

    17 Aprile 2020 at 20:22

    Vi voglio bene ragazzi di ValleSeriananews, ma questa volta avete toppato, e non velo scrivo con malanimo anzi. Quando volete scrivere una storia, bisogna scriverla tutta fin dal principio, e qui di cose omesse ce n’é parecchie. Ma forse non per colpa vostra. Ciao ragazzi e grazie comunque per il lavoro che fate.

  16. slattua

    19 Aprile 2020 at 21:06

    be una eroina in sta’ storia c’e stata. la sindaca aveva ben avvisato ai villeggianti di non salire. l’abbiamo purtroppo fraintesa. noi si pensava che aveva paura che i “milanesi” potevano spargere. invece la poveretta ci proteggeva dal Walter.
    Grazie Sindaca.

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