Cronaca
Sono un presunto Covid-19: forse malato, forse guarito, di nuovo ammalato e abbandonato a se stesso
Eleonora, mamma di Grassobbio racconta: “Mi sono ammalata, poi sono guarita, poi di nuovo malata senza un tampone o una diagnosi certa. Com’è possibile parlare di fase 2?”.
Mentre in Lombardia il presidente Attilio Fontana e l’assessore al Welfare Giulio Gallera, riguardo allo tsunami da Covid-19 che ha interessato la zona, affermano “Non abbiamo sbagliato niente”, “Siamo un modello per il resto del mondo”, “Ci stiamo preparando alla riapertura ma la salute è la priorità”; le storie che raccogliamo quotidianamente raccontano uno scenario completamente diverso.
Quello di centinaia di cittadini bergamaschi che, non avendo ricevuto un tampone e quindi una diagnosi certa, non sanno né se hanno contratto il virus ma soprattutto se sono ancora potenzialmente infetti o invece, al contrario, contagiabili.
La storia che vi proponiamo è quella di Eleonora ed è simile a quella di tantissimi cittadini della provincia di Bergamo che hanno vissuto la malattia tra mille incertezze e che, soprattutto, non riescono a pensare ad una ripartenza sicura.
Eleonora, mamma di Grassobbio racconta: “Mi sono ammalata, poi sono guarita, poi di nuovo malata senza un tampone o una diagnosi certa. Com’è possibile parlare di fase 2?”.
Mi chiamo Eleonora scrivo da Grassobbio e questa è la mia storia.
La sera del mercoledì 04 marzo esco dall’ufficio e mi sento qualche linea di febbre: 37,3. Normalmente anche con qualche linea di febbre andrei lo stesso al lavoro, ma con tutto quello che sta succedendo a Codogno, meglio non rischiare.
Rimango a casa per tutta la settimana con la febbre. Non sale mai oltre i 37,5° ma in compenso mi prende una stanchezza che non ho mai provato in vita mia.
Contatto nel week end, via messaggio, il mio medico di base, che mi dice di stare tappata in casa e di prendere la tachipirina.
Domenica fatico a respirare e a deglutire, chiamo la guardia medica e mi risponde di prendere un mucolitico senza però possibilità di visita.
Il lunedì decido di chiamare il mio medico per farmi visitare ma mi risponde che è a casa con la febbre pure lui e di sentire la sostituta o il 112 in caso di difficoltà respiratoria.
L’affanno comincia a farsi sentire. Fare il tragitto letto\bagno è faticosissimo, i battiti salgono addirittura a più di 130 al minuto per fare meno di due metri.
Purtroppo sono sola in casa con i miei due figli di 16 e 13 anni. Non so se si tratta di Covid o meno ma decido di stare tappata in camera mia ed esco solo con mascherina e guanti e giusto per fare loro da mangiare. Per il resto si sono autogestiti tra compiti, video lezioni e giochi al pc.
Il 10 marzo la difficoltà di respiro è forte, non ho il saturimetro in casa e non posso monitorare l’ossigenazione del sangue. Decido di chiamare prima il numero verde che è sempre occupato e successivamente il 112 dove, dopo quasi un’ora e mezza, mi rispondono. (Istintivamente penso a chi ha un infarto in questo momento: è sicuramente spacciato prima che gli rispondano…).
Spiego loro la situazione e, seguendo uno schema, mi chiedono se sono rientrata dalla Cina i 14 giorni precedenti o se sono entrata in contatto con un Covid certificato.
“No” rispondo, però ho un collega che è rientrato dalla Spagna lunedì 02 marzo dove ha festeggiato il carnevale in piazza a Madrid ed è transitato dall’aeroporto di Orio al Serio e dopo due giorni dal suo rientro al lavoro è rimasto a casa con febbre. Inoltre una ragazza in palestra è rientrata una decina di giorni fa da Singapore.
“No Signora, stia tranquilla che non è Covid”.
Ma io fatico a respirare, ho febbre, mi fa male la schiena all’altezza dei polmoni, non riesco a muovermi dal letto e rischio pure di svenire da sdraiata
“Provi a chiamare il suo medico di base o la guardia medica”.
Il mio medico è malato, non so come contattare il sostituto, dovrei uscire di casa e recarmi all’ambulatorio. La guardia medica a quest’ora non è operativa.
“Non so che dirle, se vuole le mando l’ambulanza ma le dico subito che deve aspettare parecchie ore anche 8, poi in ospedale dovrà aspettare ancora ore. La segnalo ai colleghi che la ricontatteranno per tenerla monitorata altrimenti se vede che le vengono le labbra blu ci ricontatti”.
Insomma mi hanno fatto una diagnosi telefonica, senza visitarmi e dando per scontato che non fosse Covid!
Fortunatamente riesco a sentire la sostituta del mio medico di base e quando le dico che ho affanno mi da appuntamento nel suo ambulatorio.
Mi visita, rileva che c’è sofferenza ai polmoni ma per fortuna la saturazione è accettabile. Mi consiglia di curarmi a casa con antibiotico e cortisone per 10 giorni.
Finalmente il 22 marzo la febbre sparisce. Mi sento risollevata. Dopo due giorni però ritorna insieme al dolore insistente ai polmoni.
Ricontatto la dottoressa, mi visita e mi prescrive nuovamente antibiotico in punture ( che dovrò fare da sola, infermiere in giro non ce ne sono) e antireumatoide.
A partire dal 29 marzo la svolta: mi sento bene, in forze. Ora comincia il conteggio per la quarantena. 14 giorni? No, forse 28 giorni? Anche qui non si capisce nulla… ma poi dovrò farla? Sarà covid o no? Meglio non rischiare.
Improvvisamente il 12 aprile, dopo 14 gg in cui non ho avuto più alcun sintomo, tornano nuovamente febbre, tosse e dolore al torace… ancora! E qui i dubbi: mi sono riammalata? O non sono mai guarita? È una ricaduta? Non era Covid prima e mi sono ammalata ora?
Ricontatto la sostituta del mio medico (ancora a casa malato) e mi invia a fare una tac con contrasto al torace. Si rilevano esisti di patologia interstiziale, quindi la polmonite è stata fatta e fortunatamente scongiura embolia; rimane solo da aspettare che mi riprenda del tutto.
Ora sono qui, dopo più di un mese e mezzo dall’inizio di tutta questa avventura… sarò ancora positiva? O lo sarò mai stata?
In testa le parole dei nostri politici, SIAMO PRONTI, ABBIAMO MESSO A PUNTO UN PIANO PER AFFRONTARE L’EMERGENZA. Già peccato che non ho ancora capito quale sia questo piano. Ah forse sì, il piano è stato quello di lasciarci tutti a casa, tanto in ospedale non c’era posto per tutti, giusto? Tanto è solo un’influenza. Sicuro, un po’ di paracetamolo e passa. Quanti non hanno avuto alcun sostegno farmacologico? Quanti non sono stati visitati Portati in ospedale solo quando ormai la situazione era seriamente compromessa???
Al telefono ogni persona a cui cerchi di chiedere per fare un tampone o test sierologico ti risponde in modo diverso, usando il condizionale, suggerendo il comportamento da tenere. Ci devono essere certezze non libero arbitrio sul comportamento da tenere! Vedo la fase 2 con profondo terrore: se non si isolano i positivi, ripartiranno inevitabilmente i contagi.
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gian
25 Aprile 2020 at 9:43
Vicende come questa sono comuni a centinaia di persone in bergamasca, curati in casa da soli, per questo la guarigione è incompleta e richiede piu tempo. Non avendo fatto tamponi positivi, non rientrano nella statistica e quindi è come non esistessero x il coronavirus, risultato a fine lock-down sono dei potenziali agenti infettanti per gli altri. Quello che Zaia ha capito in mezz’ora, il duo sciagura fontana&gallera non lo sanno nemmeno oggi, questo virus lo batti con tamponi a tappeto e isolamento dei positivi.
Lorenzo
25 Aprile 2020 at 10:37
Vi racconto la mia vicenda per farvi capire come le persone fanno la differenza!
Settimana scorsa mio figlio ha avuto la febbre per diversi giorni con mal di gola e stanchezza ma senza altri sintomi…misuravo la saturazione era sempre sui 98/99…ma al perdurare dello stato febbrile decido di chiamare il mio medico di base..la quale mi dice di presentarmi nel suo studio dopo un ora. Visita mio figlio e mi da una carta con cui presentarmi al PS per sospetto Covid…
da li vado al Ps di Piario e da quando entro al PS in meno di 10 minuti il ragazzo è sottoposto ad ogni indagine possibile…compreso tampone.
Io per non saper ne leggere ne scrivere aspetto in macchina..e dopo 4 ore vedo arrivare mio figlio con tutti gli esiti…mancava ovviamente l’esito del tampone per cui rimaniamo in isolamento per 2 giorni…ieri fortunatamente arriva via mail anche l’esito del tampone: Negativo!!!
Nel mio caso devo ringraziare tutti per la professionalità e competenza.
Mario
25 Aprile 2020 at 17:53
L’eccellenza dei piccoli ospedali di provincia che, a ogni riforma della sanità tentano di chiudere
Luigi
25 Aprile 2020 at 10:48
È molto preoccupante che dipenderemo ancora da questo duo che con “faccia di bronzo” continua a dirci che rifarebbero tutto così perché sicuri di non aver sbagliato nulla…
Giovanni
25 Aprile 2020 at 11:09
Meno tamponi si fanno e meno positivi risultano così riapriamo tutto con buona pace di Confindustria, io sono positivo al Covid 19 da ben 40 giorni
(altro che quarantena di 15 giorni e poi è tutto ok ) ma a moglie e figli nessun tampone, perciò su 4 persone solo 1 positivo.
Fortuna che la sanità Lombarda è considerata la migliore, infatti i risultati si sono visti e purtroppo si vedono ancora oggi.
Buona giornata.
Uno qualunque
25 Aprile 2020 at 12:50
Penso che moltissimi abbiano avuto la stessa situazione, ho affrontato un’odissea simile per mio padre che purtroppo è deceduto. In televisione ci raccontano tante belle storielle ma la realtà è ben diversa. Moltissimi sono stati abbandonati a casa a morire, e succede anche ora. Ci dicono che gli ospedali sono vuoti ma ci sono centinaia di morti tutti i giorni, forse qualcosa non quadra…
Mi padre positivo al covid19 è stato dimesso, l’ho assistito a casa fino alla fine.
L’ ATS mi ha fatto tornare al lavoro dopo una settimana dalla sua morte, perché secondo loro, faceva riferimento la data del tampone a mio padre per la quarantena.
Logicamente non mi è stato fatto nessun controllo.
Per lavoro vado in casa dei clienti, 4 o 5 tutti i giorni. In pratica nessuno ha pensato di farmi stare a casa qualche giorno in più, nonostante le mie perplessità espresse sia all’ATS, al mio medico, al mio datore di lavoro. In pratica mi hanno fatto capire che se volevo stare a casa potevo prendere le ferie…
W LA FASE 2……
Alessandro
25 Aprile 2020 at 16:25
Non ne faccio una questione politica ma quello che emerge è che è pericoloso avere incapaci alla guida del territorio come la nostra regione che economicamente è al top in Europa. Infastidisce, per usare un eufemismo, che non abbiano avuto nenche l’umiltà e presa coscienza delle loro azioni e incompetenza. Un abbraccio a tutti coloro i quali hanno subito situazioni così terribili.
Alessandro
Mario
25 Aprile 2020 at 16:37
Nell’intera provincia di Bergamo, credo siano centinaia e forse migliaia i casi come quello descritto dalla signora Eleonora di Grassobbio.
Negli ultimi 50 giorni ne ho lette e sentite tante di simili situazioni e purtroppo anche di peggiori.
Cittadini e famiglie intere abbandonati a se stessi senza il minimo di assistenza sanitaria, gente che è deceduta in casa per l’impossibilità di essere raggiunti e curati.
Ora mi rendo conto che l’impatto con la pandemia, è stato così violento e invasivo nella nostra provincia, che fornire a tutti i malati assistenza sanitaria sufficiente, non sarebbe stato facile per nessun sistema sanitario.
Però i responsabili, i politici che si vantano di avere fatto tutto giusto, solo per citarne una: ricordiamoci la zona rossa che non hanno mai dichiarato a Nembro e Alzano, e hanno pure il coraggio di dire che rifarebbero tutto uguale, quello per favore no, abbiano l’umiltà e il rispetto nei confronti delle migliaia di morti, di non vantarsi, perché non hanno proprio nulla da vantare, semmai il contrario.
marcello
25 Aprile 2020 at 17:44
temo che il gatto e la volpe siano solo 2 marionette che devono sottostare a ordini superiori. Cmq UNA VERGOGNA