Cronaca
Stefania farmacista di Gandino scrive a Fontana e Gallera: “Test a calciatori e a noi no?”
Stefania Gandossi farmacista di Gandino scrive a Fontana e Gallera. Quella dei farmacisti è una delle categorie sanitarie abbandonate a sé stesse senza tutele dalle istituzioni.
Stefania Gandossi è una farmacista della Val Seriana. Una dei tanti farmacisti che in questi mesi convulsi da dietro il banco della loro attività hanno cercato di garantire, non solo il servizio di vendita, ma sono diventati punto di riferimento della cittadinanza.
“Quando le chiese sono state chiuse e i medici di base hanno smesso di ricevere i pazienti, il vero pericolo di assembramento era dentro e fuori la farmacia. Dove tutti in Val Seriana si sono recati per sé o per i propri familiari colpiti dal Coronavirus. Noi ci siamo prodigati per cercare subito dispositivi di protezione per noi stessi e per i nostri clienti, trovandoli a fatica e pagandoli tutti in anticipo. Abbiamo adottato le precauzioni del caso facendo entrare 2 persone alla volta, ascoltando le loro paure e cercando di salvare la vita a chi aveva bisogno di ossigeno. Abbiamo lavorato anche 15 ore al giorno, restando inascoltati dalle istituzioni che non ci hanno mai tutelati. Per questo mi sono rivolta direttamente alla Regione da cui non ho ancora ricevuto risposa”.
Stefania chiede test e tamponi anche per i farmacisti, visto che tutti loro stanno lavorando senza sapere se abbiano contratto il virus e se siano ancora infetti.
La nostra intervista a Stefania
La lettera di Stefania alla Regione
La lettera di Stefania Gandossi è stata inviata il 19 aprile al Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, all’assessore al Welfare Giulio Gallera e per conoscenza a Federfarma, alla Fofi e all’ordine dei farmacisti. Ad oggi non è pervenuta alcuna risposta.
Mi chiamo Stefania Gandossi, ho 34 anni, sono una farmacista titolare di tre farmacie site a Gandino e a Leffe, due paesi in val Seriana, in provincia di Bergamo a pochi km dall’ospedale di Alzano Lombardo, ospedale che non è stato isolato, nonostante casi confermati di Covid19.
Sono sposata e mamma di una bimba di 21 mesi. Vi scrivo per chiarire la situazione di noi farmacisti a Bergamo. Dal momento in cui a Codogno è stato identificato il caso 1, ho messo in atto tutto ciò che poteva tutelare noi farmacisti e ho iniziato a fare una sorta di “educazione sanitaria” per cercare di spiegare ai miei pazienti di uscire il meno possibile ed evitare i contatti sociali.
In farmacia ho provveduto ad installare protezioni in plexiglass e abbiamo limitato il flusso a due persone per volta. Abbiamo cercato disperatamente le mascherine, introvabili per moltissimo tempo, tanto necessarie alle persone che, nonostante la situazione, dovevano continuare a lavorare. Dopo settimane, finalmente siamo riusciti ad avere una fornitura di mascherine KN95 FFP2. Era richiesto il pagamento anticipato, una cifra considerevole per una piccola realtà come la nostra, senza tra l’altro avere la certezza che il materiale sarebbe poi effettivamente arrivato.
Erano i primi giorni della pandemia e i tanto preziosi DPI venivano bloccati alle dogane, o peggio, requisiti dalle forze dell’ordine. Pochi giorni dopo, la spedizione è effettivamente partita, con un volo che è atterrato a Malpensa. Poi il materiale è rimasto fermo, bloccato in aeroporto in attesa dello sdoganamento da parte di una burocrazia, che neanche in uno stato di assoluta emergenza è in grado di reagire con tempi adeguati.
Intanto per giorni noi abbiamo continuato a lavorare, su tre fronti aperti senza le adeguate protezioni, perché nessuno ha pensato a noi farmacisti. Mentre alcuni medici di base “ricevevano” le visite soltanto per telefono (per fortuna non tutti) e gli ospedali erano saturi, tutta la popolazione bisognosa di cure e di informazioni si è riversata nelle Farmacie della nostra zona. Eravamo stremati, distrutti fisicamente e psicologicamente, abbiamo lavorato ininterrottamente 12/14 ore al giorno per settimane con la fila di pazienti bisognosi di farmaci, di ossigeno, di aiuto, di sostegno. Ci son stati giorni in cui le bombole di ossigeno non erano sufficienti a soddisfare la richiesta, il telefono continuava a suonare e la domanda era sempre la stessa: “avete una bombola di ossigeno?” “No, signora, mi dispiace” e sentivi la disperazione dall’altro capo del telefono.
Siamo diventati la farmacia di un ospedale da campo, in un terribile silenzio rotto continuamente dalle sirene della ambulanze, decine al giorno. Abbiamo visto morire padri, madri, nonni, amici e siamo arrivati al punto che i malati non venivano più portati in ospedale ma curati in casa, da parenti improvvisati infermieri con bombole di ossigeno, flebo di fisiologica e iniezioni di antibiotici. In molte famiglie più di un lutto senza nemmeno poter salutare i propri cari con un funerale. Per settimane si son sentite solo campane da morto e ambulanze.
Dal 19 febbraio una mia collaboratrice ha iniziato a star male. Inizialmente si pensava ad una sinusite. E’ assente dal 24 febbraio quando ha accusato sintomi riconducibili a Covid-19, tuttavia senza aver potuto effettuare il tampone in nessun modo. Dopo innumerevoli richieste il primo aprile è riuscita a farsi fare un tampone, risultato positivo. Nonostante fosse una figura professionale a contatto continuo con i malati tanto quanto gli altri operatori sanitari non è stato ritenuto necessario verificare se fosse malata di Covid-19, pur presentandone i sintomi. Ad oggi a nessun farmacista è stato fatto un tampone o un test sierologico. Nei telegiornali in questi giorni c’è un gran dibattito per fare ripartire le partite di calcio, con test continui per assicurare la salute dei calciatori. Mi sapete spiegare perché ai calciatori sì e ai farmacisti no? Non ho nulla contro i calciatori, ma forse ne avremmo diritto prima di loro e prima di altri.
Siamo operatori sanitari solo quando dobbiamo fare i turni notturni e festivi o quando si parla di farmacia dei servizi, ma quando dovremmo essere tutelati non veniamo considerati!
Sapere di essere positivi, anche se asintomatici, ci permetterebbe di proteggere quantomeno i nostri colleghi e i nostri familiari. In via precauzionale, io non dormo con mio marito, non abbraccio la mia bimba anche quando mi guarda con occhi supplichevoli cercando la sua mamma e, praticamente, vivo da sola in casa in una sorta di auto-isolamento volontario. Per una mamma è uno sforzo enorme non poter dare un bacio alla propria bimba o allontanarla in ogni modo quando si avvicina. Sono anche morti dei farmacisti, più di 10 finora, ma la notizia è passata sottotono: quasi nessuno è consapevole che in questa guerra siamo stati e siamo tutt’ora in prima linea ogni giorno.
La realtà è che siamo sempre in secondo piano. Ai medici è concesso di non stampare le ricette elettroniche, mentre noi dobbiamo interpretare i numeri dell’NRE dettato per telefono perché spesso il paziente ne perde un pezzo o scrive in maniera incomprensibile. Chi voleva evitare assembramenti negli ambulatori, non ha nemmeno considerato che in questo modo si creano file infinite davanti alle farmacie, perchè stampare i promemoria raddoppia il tempo da dedicare ad ogni paziente. Io amo il mio lavoro, sono orgogliosa di essere una farmacista, ma non servono a niente le numerose lettere di ringraziamenti ricevute, se non veniamo minimamente tutelati! Mi auguro che quando partiranno i test a tappeto per la popolazione, saremo finalmente considerati fra le categorie a rischio, o almeno tanto quanto i calciatori di serie A.
D.ssa Stefania Gandossi e il suo staff
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GIUSEPPE VERDERIO
11 Maggio 2020 at 14:13
scusi sa , ma Lei non si era accorta che vive nella regione ….locomotiva d’Italia? Governata per 17 anni da uno che è finito in galera (letteralmente) per la gestione della sanità? ma dove vive? …in LOMBARDIA !!!
elia capitanio
11 Maggio 2020 at 14:16
Mitica Stefi sono Elia Albino ora a Marsala mi piacciano le donne come te ma soprattutto chi espone con chiarezza e senza peli sulla lingua le situazioni in cui vi trovate. Io sto bene e vedo che sei diventata mamma e che tutto ti va bene.
Mi hai fatto un regalo ciao
Bergamaschi vi svegliate?
11 Maggio 2020 at 14:35
Speriamo che i lombardi si uniscano e caccino i parassiti leghisti lombardi una volta per tutte, perché i politici dipendono dai cittadini (esempio Zaia in Veneto nonostante fosse dello stesso partito).