Cronaca
CISL: “Riaprire asili nido e centri estivi”. Scelta civile e pedagogica per i bambini
Asili nido: circa 5000 bambini per 200 strutture. Mille i lavoratori diretti. Gatti: “Comuni si attivino per recuperare risorse a disposizione”.
Sono circa 5000 bambini per oltre 200 strutture. Un migliaio le persone quasi tutte donne che ci lavorano. È la fotografia degli asili nido della provincia di Bergamo, strutture chiuse dallo scorso marzo e perse dall’orizzonte di decreti e previsioni.
Ora, CISL Bergamo, sposando la tesi del CPP del prof. Novara, chiede che asili nido e scuole dell’Infanzia siano nuovamente aperti da giugno.
“La questione dei piccoli da 0 a 6 anni è difficile da affrontare perché riguarda l’organizzazione generale della società – sostiene Mario Gatti, segretario CISL Bergamo. Quella dei nidi potrebbe apparire marginale, ma coinvolge un numero incredibile di persone e, alla fine di imprese. Fatto salvo il diritto di ogni lavoratore di decidere se richiedere Smart Working, permessi o congedi parentali straordinari, riaprire i nidi significa concedere a circa 10.000 persone nella provincia di Bergamo di scegliere liberamente di riprendere a lavorare. Di fatto, qualche migliaio di imprese e aziende avrebbe lavoratori e, soprattutto, lavoratrici “liberate” dall’angoscia e dalla preoccupazione della gestione dei figli. Inoltre, aspetto assolutamente non secondario, il migliaio di dipendenti e più o meno altrettanti lavoratori dell’indotto (pensiamo ai servizi mensa, pulizia e approvvigionamento del materiale didattico o sanitario….). Riaprire i nidi sarebbe la prima scelta civile che un paese dovrebbe fare, anche e soprattutto per una scelta pedagogica nei confronti dei bambini”.
Secondo Daniele Novara, direttore del Centro Psico Pedagogico di Piacenza, primo firmatario dell’appello “Riaprire ai bambini”, lavorare per la riapertura dei nidi, come dei centri estivi, “in maniera intelligente, pedagogica e sanitariamente sostenibile vuol dire evitare di seguire idee eccentriche e creare le giuste alleanze fra mondo della scuola, della pedagogia, dell’educazione e quello della salute, della medicina e della sanità”.
“Occorre riaprire con un processo graduale – dice Novara – che, iniziando dall’estate, porti nel prossimo anno scolastico una maggior competenza organizzativa ed educativa nel gestire la riapertura dei centri per l’infanzia e di fatto anche delle scuole, specie quella Primaria.
Sul piano della sicurezza sanitaria, i bambini possono disporre di mascherine già a partire dal compimento dei 4 anni. Se proposto adeguatamente, per loro può rappresentare un puro e semplice gioco, mettendo in conto, da parte adulta, che questo gioco potrebbe avere qualche inceppamento: sono bambini e una certa tolleranza è necessaria.
Educatrici ed educatori vanno tutelati in maniera adeguata (“magari anche incrementandone il numero in rapporto ai bambini per classe”, sottolinea il segretario CISL). Occorre che usino le mascherine da togliere solo in determinati momenti proprio per evitare un effetto di paura nei bambini (che rischiano di non riconoscere il viso dell’educatrice stessa) unitamente a tutti gli altri dispositivi igienico-sanitari attinenti il lavaggio delle mani e la sanificazione dell’ambiente, secondo i protocolli che seguono anche le aziende che hanno riaperto.
Tutte le ricerche internazionali – conclude il direttore del CPP -, ma specialmente quelle europee, hanno confermato la scarsa infettività dei bambini a questo virus e, nel caso ciò avvenga, i bambini, a parte rarissimi casi di bimbi già ammalati di altre patologie, hanno manifestazioni sintomatiche più contenute di quelle degli adulti”.
“Non si può pensare di aprire le attività e tenere chiusi i servizi per l’infanzia – prosegue Gatti -. In tutta Europa si sta procedendo in parallelo senza fare del terrorismo. Se la vita riprende le possibilità di contagio ci sono a casa come al nido e a scuola”.
Tra l’altro, per comuni e ambiti sociali del territorio, nella ripartizione delle risorse del
Fondo Nazionale per le Politiche Sociali per il 2020, Regione Lombardia sceglie di destinare il 32% delle risorse esplicitamente all’attivazione di interventi e servizi sociali rivolti ad affrontare l’attuale condizione di emergenza.
Tali risorse sono destinate per l’88% a tutti gli ambiti, cioè 15,8 milioni che vanno a sommarsi ai precedenti 37,9 milioni. Il 12% – pari a 2,1 milioni di euro – è riservato invece ai territori più colpiti dall’emergenza Covid-19 , tra questi Bergamo. Esiste poi la “raccomandazione” di agire “per il rafforzamento degli interventi e dei servizi nell’area dell’infanzia e dell’adolescenza”.
Per la CISL di Bergamo, “sarebbe opportuno che i comuni si attivino per recuperare e utilizzare le risorse messe a disposizione, e che il Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci apra a questo riguardo una discussione con le parti sociali e gli altri attori del territorio, per un ragionamento complessivo sugli interventi del dopo Covid”.
“Le famiglie se non avranno assoluta necessità, si guarderanno bene dal portare i bambini. In Danimarca e in Portogallo che sono stati tra i primi a aprire sembra che la frequenza sia intorno al 10%. Ma per quel 10% era ed è questione di sopravvivenza. Tutti- conclude Gatti – sono d’accordo sul fatto che i servizi per l’infanzia servano subito soprattutto per le situazioni di fragilità sociale e personale, le famiglie e i bambini più deboli sono penalizzati in maniera esponenziale dall’isolamento, che esaspera le situazioni di povertà educativa”.
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