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E’ una storia fatta di dolore e di rabbia quella che ancora oggi, a distanza di due mesi, Gabriella Gandossi di Nembro racconta. E lo fa, non solo per commemorare il marito Antonio, morto di Covid-19 a 63 anni, ma per denunciare la mala gestione della sanità. Come ha sempre fatto nelle scorse settimane intervenendo anche alle tv nazionali.

La visita ambulatoriale del 26 febbraio dopo i primi casi di Covid

Perché una moglie non può e non deve accettare che il proprio compagno di vita, uomo sano e in piena attività lavorativa, venga contagiato in un ospedale. Questo è quello che ricostruisce Gabriella: “Mio marito si è recato il 26 febbraio all’ospedale di Alzano Lombardo per fare una visita ambulatoriale di routine ad un neo. Abbiamo telefonato per capire se l’ospedale fosse sicuro dopo l’accertamento dei primi casi di positività al Covid-19 del 23 febbraio e ci è stato detto di non preoccuparci”.

Ricordiamo infatti che domenica 23 febbraio all’ospedale dell’azienda ospedaliera Bergamo Est arrivarono i risultati dei primi due pazienti positivi al Coronavirus, una ricoverato in Medicina e l’altro in Chirurgia. Nel pomeriggio la struttura venne chiusa solo per alcune ore (dalle 15 alle 20 circa) anche per altri casi sospetti al Pronto Soccorso. Da allora il dubbio sulla sanificazione avvenuta in quelle poche ore di chiusura continua ad aleggiare. I dipendenti hanno sempre raccontato di una pulizia fatta alla bene e meglio con quello che c’era a disposizione. L’azienda parla di una sanificazione da protocollo, quindi manuale, evidentemente non efficace per rendere completamente incontaminati i numerosi ambienti occupati e attraversati da persone infette che erano in ospedale da diversi giorni.

I primi sintomi, il ricovero e il decesso

Il racconto di Gabriella continua: “Lui dunque ha fatto la sua visita senza mascherina né alcun dispositivo di protezione. Il virus l’ha preso lì? Non ne ho la certezza ma da noi c’erano già misure cautelative e lui, oltre che all’ospedale non è andato da nessun’altra parte. Il 29 febbraio ha iniziato a stare male con febbre alta. Eravamo senza medico di riferimento perché ammalato e ci siamo affidati ai numeri istituiti per l’emergenza. Tutti ci hanno detto di non recarci in ospedale perché non aveva affaticamento respiratorio evidente. Così abbiamo resistito. Fino al 7 marzo. Quando è svenuto. Ho chiamato l’ambulanza. Quando è arrivata aveva saturazione a 50%. Non respirava più. Gli hanno messo l’ossigeno e l’hanno ricoverato ad Alzano. Io sono stata in Pronto soccorso tutta notte dopodiché la giornata successiva mi hanno avvisato che l’avrebbero trasferito perché troppo grave e necessitava di essere intubato. E’ stato portato al San Gerardo di Monza dove morirà il 25 marzo”.

Nessun test e nessun tampone

Gabriella, dopo tutta la tragedia, non è mai stata contattata da nessuno né per sapere le sue condizioni, né per sottoporla a test o a tampone. “E ora dovrei pure pagare gli esami di screening – conclude Gabriella -. Hanno fatto casino prima e stanno facendo casino adesso”.

La rabbia di Gabriella: “Qui non è stato come a Codogno, hanno ammazzato mio marito”

“Perché ad Alzano non hanno chiuso l’ospedale? Perché non hanno sanificato l’ospedale? Perché non hanno interrotto le visite?” – ripete Gabriella.

“Hanno fatto finta di niente per 15 giorni. Non hanno fatto la zona rossa. Abbiamo pagato lo scotto di essere una zona industriale, differentemente dalla zona di Codogno dove sono stati da subito tutelati. Hanno ammazzato mio marito sano a 63 anni. Ce l’ho con l’ospedale, non con i dipendenti ovviamente. Con la dirigenza. Con la Regione. Se ne sono sbattuti tutti di tutto. Gallera e Fontana dove hanno un minino di dignità nel dire che hanno fatto tutto bene?”

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2 Commenti

1 Commento

  1. Al

    21 Maggio 2020 at 18:11

    Chi ha dovuto decidere in tutte queste situazioni, in ospedali, mascherine, zone rosse, chiusure, aperture, …..il più delle volte ha sbagliato. E troppe persone hanno pagato questi errori di altri con la propria vita. Ogni giorno di più mi sto chiedendo in che mani siamo finiti !!!!! Non salvo nessuno, a parte i sindaci.

  2. chi no ha peccato...

    22 Maggio 2020 at 15:56

    A Nembro, quando il Covid era già presente fra di noi, “avendoci mostrato anche la sua carta d’identità” Carnevale dei bimbi in piazza del Comune, e mercato settimanale… mahh

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