Politica
La Lombardia non fu mai zona rossa, il sindaco di Castione chiese aiuto anche dopo l’8 marzo
La Lombardia non fu mai zona rossa, il sindaco di Castione chiese aiuto anche dopo l’8 marzo perché le misure intraprese non erano sufficienti a isolare il virus che arrivò ovunque.
Che senso aveva il documento del sindaco di Castione della Presolana Angelo Migliorati quando il 20 marzo scorso chiese una zona rossa per l’intera provincia di Bergamo? Alcuni presero la richiesta come una provocazione. Ma l’appello disperato del sindaco di un comune di montagna oggi ha il sapore di un’ultima richiesta d’aiuto mentre l’intera Val Seriana e la provincia di Bergamo erano martoriate dal Coronavirus. E mentre molti altri amministratori restarono zitti.
In merito all’inchiesta sulla mancata zona rossa di inizio marzo nella bassa Val Seriana, arrivata sino a Roma dove i magistrati hanno sentito il premier Conte e i ministri Lamorgese e Speranza, dopo aver sentito alcune settimane prima il i vertici di Regione Lombardia Fontana e Gallera e il presidente di Confindustria Lombardia Bonometti, va continuamente ribadito che la Lombardia non fu mai zona rossa.
DPCM 8 marzo: la Lombardia non fu mai zona rossa
Con il DPCM dell’8 marzo infatti si chiuse prima la Lombardia (zona arancione), poi l’intera Italia in un lockdown parziale che permetteva comunque gli spostamenti tra i paesi. Mentre le vere zone rosse prevedono il divieto di uscita e ingresso dal comune per cercare in tutti i modi di isolare il virus non permettendone il veicolo più semplice: il contatto tra persone. Queste misure così restrittive arrivarono solo con la nuova Ordinanza del Ministero della Salute sugli spostamenti del 22 marzo. Ciò un mese dopo Codogno (21 febbraio) e Alzano Lombardo (23 febbraio). Di fatto, con migliaia di persone che hanno continuato a lavorare e a spostarsi, in Val Seriana, uno dei focolai più intensi d’Italia, si è permesso al Coronavirus di continuare a circolare andando a colpire gravemente anche i paesi di montagna, come Castione della Presolana, dove – tra l’altro – fino a quello stesso 8 marzo di era potuto sciare con diversi assembramenti sulle piste.
Il documento del 20 marzo 2020
Angelo Migliorati, sindaco di Castione della Presolana, comune turistico che si trova ai piedi della Presolana e del Monte Pora, il 20 marzo scriveva: “Le restrizioni prese non sono sufficienti e si sono dimostrate inadeguate di fronte al dilagare del virus e all’emergenza che i sindaci si trovano ad affrontare ogni giorno”. Il documento che chiedeva la zona rossa per tutta la provincia era indirizzato al Presidente del Consiglio dei Ministro, ai Parlamentari bergamaschi, al Presidente di Regione Lombardia e ai consiglieri regionali bergamaschi.
Migliorati non ha mai ottenuto risposta ma la speranza è che il suo grido solitario abbia contribuito al vero lockdown del 22 marzo. Anche se ormai era troppo tardi, si sarebbe infatti dovuto intervenire subito il 23 febbraio, ai primi casi postivi all’ospedale di Alzano Lombardo. Struttura che rimase chiusa per poche ore. Poi tuti continuò come se nulla fossa. In Val Seriana non si fece mai nulla per circoscrivere tempestivamente un focolaio che diventerà enorme.
Migliorati: “Rimpallo stucchevole tra Governo e Regione”
Ancora oggi il sindaco torna sull’argomento: “In questi giorni si parla molto della mancata zona rossa in Val Seriana. La magistratura sta svolgendo le indagini per capire la catena di comando e le varie responsabilità. Nel frattempo c’è un rimpallo stucchevole tra Governo e Regione.
Il Governo non dichiarò la zona rossa e la Regione non la richiese né la dichiarò. Tutti i politici interessati, per altro, dichiarano che rifarebbero tutto. Il risultato sono oltre 6.000 morti in bergamasca.
Alcune considerazioni del sindaco in riferimento ad una cartina della mortalità: “Guardando la mappa – continua Migliorati – è chiaro dove doveva essere fatta la zona rossa. La zona arancione inoltre non è servita ai fini sanitari, ma forse è stata utile per distribuire contributi a pioggia su tutto il territorio nazionale. Con questa scelta si è innescata una crisi economica nazionale senza precedenti, anche nei territori del centro – sud Italia, che avrebbero potuto continuare le loro attività con i dovuti protocolli ed il tracciamento dei positivi”.
“Non è andato tutto bene”
Il sindaco dunque conclude: “La gestione delle emergenze e del sistema sanitario nazionale non ha funzionato. È completamente da rivedere. Ed è vergognoso continuare ad affermare, da parte dei politici, che rifarebbero tutto. Non è andato tutto bene. Sarebbe rispettoso verso i nostri morti e tutti noi, analizzare quello che non ha funzionato, scusarsi e poi cambiare”.
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