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Cronaca

Carbonizzata nell’incendio in ospedale, un anno dalla morte della 19enne a Bergamo

Carbonizzata nell’incendio in ospedale, il 13 agosto è un anno dalla morte della 19enne a Bergamo. Il comitato nazionale “Città libere da contenzione”: “Nessuno sia più legato”.

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È passato un anno dalla morte di Elena Casetto, 19enne ricoverata nel Servizio psichiatrico dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, legata mani e piedi e trovata carbonizzata  nel suo letto in una stanza chiusa a chiave. 

Il 13 febbraio scorso a Bergamo, a sei mesi dalla sua morte, presente la madre, il Forum Associazioni per la salute mentale diBergamo, l’Unione Regionale Associazioni per la Salute Mentale Lombardia, la campagna …e tu slegalo subito, la Conferenza  nazionale Salute Mentale  hanno ricordato Elena e messo le basi  per l’appuntamento del 2 aprile Città libere da contenzione perché da quella morte prendesse avvio un processo per l’abolizione della contenzione nei servizi socio sanitari, con l’impegno delle istituzioni e della comunità tutta. 

“Avevamo chiesto al Sindaco Gori di diventare il “garante”di questo processo – spiegano Giovanna Del Giudice, Valerio Canzian, Camilla Morelli -. Da quel 13 febbraio sembra passato un tempo infinito. In questi mesi tante altre morti hanno devastato Bergamo.  Il contagio del Covid 19 si é abbattuto sulla città. La comunità ha subito sofferenze indicibili, drammatiche perdite di donne e uomini, morti spesso senza la vicinanza di una persona cara. L’appuntamento del 2 aprile non ha avuto luogo. Ora la città con la forza e tenacia dei suoi cittadini si sta risollevando. Ma le ferite restano aperte, il dolore e la sofferenza rimangono. Come rimane il dolore per Elena che, domani, 13 agosto 2020, ad un anno dalla sua morte, vogliamo non dimenticare. Elena che scriveva poesie, che voleva studiare a Londra, che chiedeva aiuto per  il suo  dolore”. 

Nessuno sia più legato

“E vogliamo farlo dicendo che nessuno sia più legato, che nessuno più muoia solo. Che la contenzione, pratica inumana, che toglie dignità, soggettività, storia e riduce l’altro/a  a corpo da domare,  sia abolita in tutti i servizi che assistono persone fragili, in modo da costruire Città libere da contenzione. Questo è il tempo. Il Paese sta ripensando,  dopo l’epidemia del Covid,  le proprie politiche sociali e sanitarie. La crisi ha evidenziato la centralità dei servizi territoriali, sociali e sanitari. Servizi aperti, radicati nei territori, che operano nelle case e nei luoghi della comunità, che mantengono un rapporto di continuità, di vicinanza, di supporto, perfino “di vigilanza” in particolare nelle situazioni di maggiore vulnerabilità e fragilità. Capaci di valorizzare le risorse, pure residue del soggetto, della famiglia, del vicinato, del contesto, prevenendo e riducendo l’istituzionalizzazione. Oggi di questo abbiamo chiarezza e di questo abbiamo bisogno. Anche per superare la contenzione dobbiamo costruire percorsi di cambiamento culturale – concludono -, organizzativo e gestionale nelle politiche sociali e sanitarie che nella concretezza dei fatti mettano al centro le persone, i loro diritti, la loro dignità, coinvolgendo la comunità tutta. Perché nessuno più sia legato”.

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