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Cronaca

Ricciardi “Lockdown misura disperata”, botta e risposta con il Comitato Noi Denunceremo

Ricciardi “Lockdown misura disperata”. Botta e risposta con il Comitato Noi Denunceremo: “Si tratta di responsabilità gravi”.

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Non si è fato attendere il commento del Comitato dei parenti delle vittime del Covid19 “Noi Denunceremo” dopo la pubblicazione sulla stampa di una dichiarazione di Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza. Così Ricciardi diceva il 2 aprile in un documento dell’Oms del 13 maggio: “Alla fine si è dovuto ricorrere al lockdown, misura di cieca disperazione”. Questa la frase contenuta in quel testo, recuperato proprio dal Comitato dei familiari delle vittime e affidato all’Agi.

Lockdown misura di cieca disperazione

Nel testo di legge anche che «i Paesi con un’aggressiva politica di tracciamento dei contagi e con ampie possibilità di effettuare test di laboratorio (per esempio Taiwan e Corea del Sud) sembrano offrire esempi di successo del contenimento del virus», mentre, «in confronto a loro, in Italia sia il tracciamento che i test di laboratorio sono molto limitati e alla fine si è dovuto ricorrere al lockdown, misura di cieca disperazione». Il testo, cui si riferisce la nota 64 del report, si intitola «Quello che gli altri Paesi possono imparare dall’Italia durante la pandemia», ed è siglato, oltre che da Ricciardi, da altri due studiosi, Stefania Boccia e John P.A. Iannidis.

Il Comitato Noi Denunceremo: “Ci sono precise responsabilità”

“Un’affermazione gravissima che imputa delle precise responsabilità nella gestione dell’emergenza sanitaria”, ha commentato Consuelo Locati, legale del Comitato. “Le responsabilità – aggiunge Locati – sono riconducibili a chi aveva l’obbligo normativo di intervenire e gestire il tracciamento e prima ancora il reperimento di reagenti per effettuare i tamponi sui cittadini”.

Inoltre il generale in pensione Pier Paolo Lunelli – noto per avere elaborato un dossier che stima un costo di 10.000 vite per la mancanza di piani pandemici aggiornati – ha sbugiardato le dichiarazioni di Walter Ricciardi: “Un rischio pandemico in forma acuta si concretizza non appena il virus si adatta all’uomo e la trasmissibilità interumana cresce formando un’onda. In questo stadio si possono manifestare piccoli focolai di infezione sul territorio nazionale, tenuti comunque sotto controllo. Testare o sottoporre a test diagnostici, tracciare, isolare e/o curare sono le quattro azioni essenziali per contenere i focolai che si manifestano e cercano di espandersi qui e la, segnali premonitori di un possibile tsunami per il sistema sanitario. Gli epidemiologi, così come i vigili del fuoco, sanno bene il rischio che comporta un focolaio”.

Testare e tracciare: in Lombardia è mancato tutto

“Nella prima azione – continua Lunelli -, testare, vengono individuati i “casi”, ovvero gli individui “diffusori del contagio,” sintomatici o asintomatici, risultati positivi con il test a tampone. Nella successiva, si provvede a tracciare le persone che sono state in stretto contatto con quel “caso” in un periodo definito e prende il nome di tracciamento dei contatti, o contact tracing. La terza azione consiste nell’isolare i contagiati e i loro “contatti”, curando i primi e mettendo i secondi in quarantena. Queste attività permettono di separare i “casi” (le persone contagiate) e i “contatti” dal resto della popolazione, evitando che l’epidemia si allarghi. La gestione dei contatti è un processo che ha come obiettivo il contenimento della pandemia nella sua fase iniziale rallentando la diffusione del virus, spostando in avanti l’onda pandemica, mitigandone gli effetti, riducendo al minimo il tasso di attacco clinico, il tasso di mortalità e i danni che ne derivano per la collettività. L’utilità della “gestione dei contatti”, essendo un processo che drena notevoli risorse umane, è limitata alla fase iniziale, ovvero quando l’onda pandemica non si è ancora formata, e nel periodo inter pandemico (tra un’onda e l’altra). In proposito, la Svizzera aveva predisposto un’applicazione software per semplificare la gestione dei contatti a livello Cantone e disporre di dati in tempo reale. In sintesi, la prima linea di difesa consiste nella registrazione di tutti i viaggiatori provenienti, specie per via aerea, dalle regioni in stato pandemico, unita a tutte le attività di controllo delle frontiere, dei porti e degli aeroporti. La seconda linea di difesa comprende test, tracciamento e disposizioni sanitarie restrittive di quarantena della libertà personale dei “casi” e dei “contatti,” e interventi non farmaceutici (INF)”.

Impreparate anche la seconda e la terza linea del fonte

“Se la seconda linea di difesa non tiene deve essere pronta la terza e ultima – prosegue Lunelli -: il sistema ospedaliero, i posti in pneumologia e in terapia intensiva, il personale sanitario che deve poter operare in sicurezza, pronto a gestire gli ammalati. Ci sono esempi di grande affermazione in questo campo: Nuova Zelanda, Vietnam, Corea del Sud, Singapore, Germania, Svizzera. Cos’è accaduto in Italia? Il Prof. Miozzo, intervistato da Corrado Zunino su Repubblica del 5 set. 2020, osserva che “Mancavano i reagenti, una di quelle cose che il piano pandemico avrebbe dovuto prevedere. Limitare i tamponi era una scelta obbligata.” Il Dott. Zambon scrive: “La crescita esplosiva dell’epidemia ha rapidamente superato la capacità di test. In Lombardia, dove il sistema si avvale di una fitta rete di servizi ospedalieri, i test hanno seguito la politica nazionale: inizialmente si limitavano ai casi sintomatici, tanto più che i test erano in numero scarso. Il Veneto, con una forte rete di sanità pubblica e capacità di sensibilizzazione della comunità, ha adottato un approccio più proattivo alla ricerca dei casi attraverso test approfonditi (che si sono estesi ben oltre le linee guida nazionali di quel momento). La regione ha mobilitato fondi per espandere la sua capacità di test e si è mossa in modo aggressivo per trovare casi nella comunità, confermarli, tracciare anche i contatti più fugaci e testarli tutti. Cumulativamente, il Veneto ha testato il doppio delle persone su 1000 della Lombardia […] Inoltre, bollettini giornalieri con i numeri di casi confermati erano particolarmente difficili interpretare poiché i format utilizzati differivano da regione a regione”.

Lockdown alla cieca

Il Presidente del comitato Noi Denunceremo aggiunge: “In inglese tra” blind” ed “extreme” esiste una chiara differenza, che non lascia spazio ad interpretazioni di sorta. Il sistema della sorveglianza ha fallito. Non avevamo un piano pandemico aggiornato e di conseguenza reagenti, tamponi e mascherine per mappare e contenere il virus. Questa sciatteria burocratica e politica ha distrutto non solo migliaia di famiglie, ma obbligando un lockdown nazionale alla cieca ha mandato sul lastrico pure decine di migliaia di aziende con danni incalcolabili per l’intero Paese”.

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