Cronaca
Noi Denunceremo: “Al comando della seconda ondata gli stessi incompetenti”
Noi Denunceremo: “Al comando della seconda ondata gli stessi incompetenti”. Il Comitato dei parenti della vittime scrive a Mattarella.
Dopo l’ultimo rimpallo di responsabilità tra Governo e poteri locali nella gestione del contenimento della diffusione del Covid-19 e dopo le ultime blande misure contemplate nel DPCM del premier Conte e nei provvedimenti presi da Regione Lombardia congiuntamente con tutti i sindaci, intervengono – ancora una volta – i parenti delle vittime dell’epidemia.
Questa volta il presidente Luca Fusco e il legale Consuelo Locati, scrivono al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere conto di come mai, nella gestione della seconda ondata, ci siano alla catena di comando le stesso persone che hanno fallito nella prima ondata. Gestione virtuosa quella italiana? Tutt’altro secondo il Comitato Noi Denunceremo che chiude: “Chi si appresta ora a gestire una seconda ondata ha dimostrato di avere le competenze e la credibilità per ripresentarsi a farlo? A noi (e non solo a noi) sembra di no”.
La lettera
Egr. Presidente Sergio Mattarella
,In occasione di una controversa dichiarazione del primo ministro inglese Boris Johnson, lei ha ribadito che oltre all’apprezzamento per la libertà sia importante avere a cuore anche la serietà. Ebbene, in Lombardia sono state prese iniziali misure stringenti di contenimento a due settimane dalla fine della passerella sulla stampa estera del primo ministro Giuseppe Conte, che ambiva a prendersi meriti sul limitato numero di contagi rispetto al verificarsi di seconde ondate in Europa e nel mondo. Come è possibile, ci chiediamo, essere arrivati alla seconda ondata così all’improvviso? La risposta è molto semplice. Nella ricerca di consenso internazionale da parte del Governo si sottolineava il numero assoluto di contagi, ma si scentemente ometteva la comparazione dei tamponi effettuati in Italia con quelli realizzati in altri Paesi. In parole povere, non avevamo la capacità di tracciamento del virus di cui dispondevano nazioni già in piena seconda ondata. Hanno cercato di dire agli italiani che quelli bravi eravamo noi, quando invece era tutto il contrario. Non è la prima volta che accade. Pensi a quando si diceva che il modello italiano ce lo copiavano in tutto il mondo.
Quel “modello” che evidentemente non è mai stato, viste e considerate le pressioni che sarebbero state esercitate sull’Organizzazione Mondiale della Sanità da parte di esponenti abituati a muoversi tra i ministeri per fare sparire il prima possibile un rapporto indipendente sulle lezioni apprese dalla malagestione italiana. Del resto, quale modello globale potrà mai rappresentare una gestione il cui risultato è stata una colonna di mezzi militari con centinaia di cadaveri ammasatici sopra? Secondo il sito Our World in Data curato dall’Università di Oxford, l’Italia è il terzo Paese al mondo per numero di decessi su numero di contagiati. Un risultato che stando a quanto pubblicato da un pool di ricercatori dell’Università di Francoforte sarebbe stato grandemente determinato dalla difficoltà ad avere accesso ai posti letto in terapia intensiva che, in Italia, sono di numero inferiore alla media OCSE.
A marzo, senza nessuna precauzione per le persone vulnerabili, ci hanno blindato in casa con i nostri nonni mentre pochi giorni fa l’Istituto Superiore di Sanità segnalava che il 77.6% dei focolai avviene in famiglia. Lo stesso ISS scriveva in un rapporto del 28 marzo che “Non è raccomandato l’utilizzo generalizzato di mascherine in assenza di sintomi”, mentre solo qualche giorno dopo il prof. Rezza andava in TV a precisare che anche sciarpe o fazzoletti portati alla bocca avrebbero contribuito a contenere l’infezione. Il 25 di febbraio, giorno in cui il governatore Fontana defini il coronavirus «poco piu’ di una normale influenza», lo stesso consulente del governo Walter Ricciardi disse: “Le mascherine per le persone sane non servono a niente”. Oggi le mascherine vengono rese obbligatorie in pubblico ed il mancato utlizzo sanzionato. Nel mezzo di questa palese improvvisazione ci siamo ritrovati con trentasei mila morti secondo i dati ufficiali. Ma il 60% in più stando ad uno studio apparso sul the Lancet. Stima che ci metterebbe al primo posto per numero di decessi in Europa.
E’ stato veramente uno tsunami? Appurato dai documenti che l’italia non aveva un piano pandemico aggiornato e quindi attuativo, e che tra l’aggiornamento delle linee guida dell’OMS e delle direttive europee dal 2005 ad oggi siamo stati avvisati ben nove volte di una potenziale pandemia, ci sembra ragionevole credere che nè il Governo nè Regione Lombardia possano avanzare alibi sul come il nostro Paese si sia presentato ad affrontare l’emergenza. Siamo stati avvertiti e ce ne siamo fregati. Ora resta da chiedersi: cosa è stato fatto in questi mesi per prevenire una seconda ondata diversamente dal negare il problema da una parte od ostentare infondato ottimismo dall’altra?
Ad oggi, in Lombardia (epicentro della seconda ondata), dovrebbero esserci 200 unità speciali di continuità assistenziale operative. Sono state allestite? A noi sembra di no. A Milano ne risulterebbero operative una decina sulla trentina previste. A Brescia dodici su venticinque. A Bergamo addirittura sei. Persino seicento medici lombardi hanno sottoscritto una lettera inoltrata a Regione Lombardia ed al Ministero della Salute evidenziando le gravi carenze nel potenziamento della medicina territoriale lombarda in vista di una seconda ondata. La risposta a questo nuovo sovraffollamento delle terapie intensive a Milano? Un coprifuoco «simbolico» dalle 23 e la chiusura della piccola e media distribuzione nel fine settimana.
Ecco, questo è il modo in cui in Lombardia ci apprestiamo ad una seconda ondata: con promesse mancate ed azioni simboliche. Ieri hanno chiuso la Lombardia prima e l’Italia poi per non chiudere Nembro ed Alzano. Oggi, penalizzano l’intera Lombardia per non chiudere Milano e provincia. Forse, in Regione Lombardia hanno il vezzo di fare diventare problema di tutti il problema di qualcuno. Forse, in questi mesi abbiamo mancato di porci a monte una domanda fondamentale: chi si appresta ora a gestire una seconda ondata ha dimostrato di avere le competenze e la credibilità per ripresentarsi a farlo? A noi (e non solo a noi) sembra di no… Se questa è serietà.
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