Cronaca
Ad Alzano “tamponi a tutti dopo il 23 febbraio”, ma non fu così
All’ospedale di Alzano Lombardo non venero fatti tamponi a tutti perché non ce n’erano. La Regione li inviò con priorità ad altri ospedali.
Non è tardato ad arrivare il commento di Francesco Locati, Direttore Generale dell’ASST Bergamo Est, dopo le notizie di venerdì riguardo al suo coinvolgimento nelle indagini della Procura di Bergamo che vuole fare chiarezza su quanto accaduto all’ospedale di Alzano Lombardo lo scorso 23 febbraio, quando vennero accertati i primi postivi al Coronavirus della provincia di Bergamo.
Locati: “Certo della correttezza del mio operato”
Locati sabato ha dichiarato: “A fronte delle notizie anche stamane divulgate dalla stampa, nuovamente ribadisco e rimarco la completa veridicità delle informazioni date, come risulta agli atti ufficiali dell’ASST Bergamo Est e come l’Autorità inquirente potrà accertare anche in relazione alle recenti acquisizioni. Rimango a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, certo della correttezza del mio operato”.
Capi di accusa: epidemia colposa e delitti contro la salute pubblica
I capi di accusa sono epidemia colposa e delitti contro la salute pubblica, «perché cagionavano, per colpa, un’epidemia, incrementando e aggravando la diffusione del contagio da coronavirus, con particolare riferimento alle modalità di gestione dell’emergenza sanitaria sars-cov-2 presso il presidio ospedaliero di Alzano Lombardo e al propagarsi della morbilità nel territorio circostante. Con l’aggravante della morte di più persone».
Gli altri indagati
Indagati, insieme a Locati, l’allora direttore del Welfare della Regione, Luigi Cajazzo, il suo vice Marco Salmoiraghi, di Ponte San Pietro, la direttrice dell’Organizzazione ospedaliera Aida Andreassi e l’ex direttore sanitario della ASST Bergamo Est, ora in pensione, Roberto Cosentina.
Falso ideologico in atto pubblico
Locati e Cosentina sono indagati anche per falso ideologico e in atto pubblico. Cosentina perché in una nota del 28 febbraio indirizzata ad Ats Bergamo, aveva scritto che quel 23 febbraio “non appena avuto il sospetto e la successiva certezza della positività al tampone, sono state immediatamente adottate le misure previste”; questo in riferimento al presidio di Alzano. “Circostanza rivelatasi falsa, stante l’incompleta sanificazione del ps e dei reparti”, scrivono invece i pm.
“Tamponi a tutti”, ma non fu così
Locati deve rispondere invece delle due relazioni inviate l’8 e il 10 aprile a Cajazzo e all’assessore Giulio Gallera, dove aveva scritto che nelle poche ore in cui l’ospedale era rimasto chiuso “si è provveduto alla sanificazione degli ambienti con l’adozione di tutte le misure previste dal protocollo vigente”. E che “dalle prime due segnalazioni sono stati fatti tamponi a tutti”, riferito a pazienti e personale. “Circostanze pure queste rivelatesi false — secondo i pm — in relazione agli esiti delle indagini sinora condotte“.
In riferimento ai mancati tamponi e al mancato tracciamento delle persone transitate nell’ospedale e in pronto soccorso, la nostra testata aveva da subito raccolto diverse testimonianze anche dei parenti dei primi positivi, in particolare Ernesto Ravelli e Alfredo Criserà. Non ricevettero il tampone neppure i parenti degli altri pazienti che si trovavano nel reparto di Medicina (dove c’erano i primi pazienti contagiati) e neppure tutto il personale che poi si ammalò in gran parte. I dipendenti della ASST Bergamo Est morti per Covid furono 4, due lavoravano ad Alzano Lombardo.
Le nostre testimonianze sui mancati tamponi
Vi proponiamo qui alcuni degli articoli di quei mesi.
I documenti che attestano la mancanza dei tamponi
A confermare la mancanza dei tamponi e dunque l’impossibilità di uno screening completo, alcuni documenti recuperati dalla giornalista Francesca Nava. La stessa Nava aveva intervistato il direttore medico dell’ospedale di Alzano Lombardo, il dottor Giuseppe Marzulli, lo stesso che aveva implorato la chiusura il 25 febbraio – restando inascoltato -. Marzulli aveva dichiarato che quella domenica ad Alzano c’erano 10 tamponi (intervista contenuta nel libro IL FOCOLAIO). I primi due tamponi vennero fatti la notte del 22 febbraio “disubbidendo” alle indicazioni ministeriali che prendevano contatti con la Cina. Il terzo venne fatto domenica 23 a ad un paziente sospetto arrivato in pronto soccorso.
La Regione non li inviò ad Alzano
Ma i tamponi necessari non arrivarono neanche nei giorni successivi perché la Regione non li inviò ad Alzano Lombardo, come documentato attraverso la fornitura del 24 febbraio. Il documento è stato pubblicato sabato 24 ottobre sul quotidiano DOMANI.
Per comprendere più a fondo la questione bisogna precisare che da lunedì 24 febbraio la Regione centralizzò l’acquisto dei tamponi mentre fino al venerdì 21 febbraio ogni azienda ospedaliera acquistava i tamponi per proprio conto. Quindi l’ASST Bergamo Est, seppur consapevole della grave situazione, non poteva acquistarsi i tamponi.
Francesca Nava ha recuperato l’ordine di un milione e mezzo di tamponi di ARIA, la società di acquisti della Regione Lombardia. Nel documento viene indicata la priorità di destinazione dei primi tamponi, lì dove c’erano i primi focolai: 5mila presso IRCCS San Matteo di Pavia con consegna martedì 25 febbraio 2020; 5mila presso Asst (l’azienda sanitaria) di Cremona, con medesimo giorno di consegna. E nessuna consegna ad Alzano, o a Seriate, perché secondo la Regionequell’ospedale era sotto controllo. Così infatti aveva detto l’assessore Gallera il 25 febbraio “è presto per parlare di focolaio ad Alzano e Nembro”.
50 tamponi ma ne servivano 600
Furono dunque solo 100 i tamponi che arrivarono a Seriate nei giorni successivi (50 vennero dati ad Alzano), concessi da da Pavia, ma ne sarebbero serviti almeno 600 per fare uno screening completo del personale e dei pazienti, come fatto all’ospedale di Codogno e a quello di Schiavonia, dove vennero fatti tamponi a tutti. In Val Seriana invece il virus fu lasciato libero di circolare e il resto purtroppo è storia.
Potete approfondire l’inchiesta di DOMANI https://www.editorialedomani.it/fatti/lordine-della-regione-e-i-tamponi-che-avrebbero-salvato-la-zona-rossa-di-alzano-rprm9bsc.
Gessica Costanzo
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