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Cronaca

Proiettili a Confindustria, indagati due sessantenni

Proiettili a Confindustria, indagati due sessantenni della provincia di Bergamo. All’origine dei gesti minatori la mancata zona rossa in Val Seriana.

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Gli uomini della direzione distrettuale antimafia di Brescia che stanno indagando sulla minacce ai tre presidenti di Confindustria Lombardia, Bergamo e Brescia, nella mattinata di giovedì hanno effettuato una serie di perquisizioni che hanno riguardato anche una donna e un uomo residenti nella nostra provincia. Si tratta di una 65enne residente in città e di un 64enne di Pradalunga. Entrambi sarebbero esponenti della Sinistra locale e in particolare di Rifondazione Comunista.

A loro vengono contestati i reati di cui all’articolo 270bis (associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico), 612 (minacce) e 339 (aggravante per lesione minacciate).

Gli episodi contestati

I tre episodi su cui si indaga sono avvenuti l’estate scorsa, dopo la prima ondata di Covid-19 che ha particolarmente colpito la provincia di Bergamo. Il 27 giugno venne recapitata alla sede di Confindustria Bergamo una busta con due proiettili e la minaccia di morte al presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti. Il 29 giugno un’altra missiva con proiettile e minacce di morte fu inviata a Stefano Scaglia, presidente di Confindustria Bergamo. Il 23 settembre fu fatta arrivare una bomba carta a Giuseppe Pasini, presidente di Confindustria Brescia. In seguito alle minacce ai tre era stata assegnata la scorta.

Pressioni al mondo politico smentite dalla Procura

All’origine delle minacce le presunte pressioni ai vertici politici per evitare la zona rossa in Val Seriana. Misura di contenimento della diffusione del virus che si doveva adottare proprio un anno fa, all’inizio di marzo, ma che non venne mai fatta.

A riguardo recentemente il procuratore aggiunto di Bergamo Maria Cristina Rota, a capo del pool che indaga per epidemia colposa, aveva affermato che “dall’indagine non risulta che Confindustria si sia opposta alla chiusura né ci sono pressioni rivolte alla Regione o al Governo per sollecitarli a non chiudere la zona”.

Non è tardato il commento dei vertici di Rifondazione Comunista Bergamo: “Siamo certi dell’estraneità alle accuse mosse nei loro confronti ed esprimiamo tutta la nostra solidarietà. Se, in linea con i periodi più oscuri della nostra repubblica, si pensa di riscrivere la storia minimizzando le proprie responsabilità, ben si sappia che noi sappiamo”.

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1 Commento

1 Commento

  1. 🤔 🙄

    12 Marzo 2021 at 22:23

    “…ben si sappia che noi sappiamo.”
    Cosa? Bello sarebbe, sapere tutti quello che c’é da sapere, se loro sanno… 🤔 😲

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