Seguici su

Cronaca

Palestre e piscine aperte a servizi ridotti, al via rimborsi e voucher. Lamentele dai consumatori

Con la riapertura delle palestre e delle piscine, a ritmi e servizi ridotti, iniziano a sorgere i problemi tra gestori e utenti sui rimborsi degli abbonamento non utilizzati.

Pubblicato

il

Con la riapertura delle palestre e delle piscine, a ritmi e servizi ridotti, iniziano a sorgere i problemi tra gestori e utenti sui rimborsi degli abbonamento non utilizzati durante le varie fasi dell’emergenza sanitaria. ADICONSUM Bergamo raccoglie lamentele e richieste di informazioni da numerosi frequentatori. I gestori, nella grande maggioranza dei casi, stanno infatti proponendo rimborsi ridotti a fronte dell’obbligo di sottoscrizione di un nuovo abbonamento.

“Non è assolutamente obbligatorio, però, sottostare a qualsiasi condizione – avverte Mina Busi, presidente dell’associazione consumatori della CISL di Bergamo-. In tema di rimborso di abbonamento delle palestre per la mancata prestazione a seguito delle misure di lockdown si deve far riferimento all’art. 216 della Legge di conversione del Decreto Rilancio, comma 4, dove si legge che in alternativa al rimborso del corrispettivo, il gestore può rilasciare un voucher di pari valore incondizionatamente utilizzabile presso la struttura entro 1 anno dalla cessazione delle predette misure di sospensione dell’attività sportiva”.

“Con quel “in alternativa”, purtroppo i gestori ignorano il rimborso in denaro del corrispettivo versato, optando invece per l’emissione di un voucher. Però, con il 25 maggio sono diverse le palestre, piscine e simili che hanno deciso di riaprire. Le norme da rispettare per la riapertura sono stringenti. Norme che, nella totalità dei casi, comportano la restrizione di diversi servizi fino all’annullamento di alcuni, orari di accesso e di permanenza limitati ad alcune fasce orarie e/o cadenza settimanale. Questo comporta sostanzialmente la modifica dei contratti che erano stati stabiliti coi singoli frequentatori. Modifica contrattuale a cui i sottoscrittori non devono sottostare se non per loro libera scelta. Purtroppo diversi gestori di palestre cercano di imporre le modifiche dando per scontato che siano parte del contratto. Ma non è così”.

La richiesta di Mina Busi

“Il periodo in cui la palestra è stata chiusa deve essere integralmente rimborsato- sostiene Busi – anche se la legge prevede ora la possibilità di rimborsare tramite voucher valido un anno. Consigliamo in caso si decida di rinnovare l’abbonamento di parlare con il gestore della palestra e proporre una riduzione del prezzo stabilito. Oppure, se non si è più interessati a frequentare, chiedere il rimborso di quanto già pagato o l’annullamento delle successive rate”.

In caso di rifiuto, suggerisce ADICONSUM, sarà opportuno inviare una raccomandata A/R o PEC di messa in mora intimando la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1463 del codice civile. Se entro 10 giorni non si ha alcuna risposta, o si ha risposta negativa, occorrerà rivolgersi al giudice di pace. Se i pagamenti sono stati fatti con l’intermediazione di una finanziaria si potrà chiedere la risoluzione del contratto di credito al consumo alla stessa finanziaria (sempre per raccomandata a/r o PEC), intimando la risoluzione del contratto di finanziamento ai sensi dell’art. 125 quinques del Testo Unico Bancario e il rimborso delle rate pagate per servizi di cui non si è potuto usufruire. In mancanza di risposta o di risposta negativa, ci si potrà rivolgere all’Arbitro Bancario Finanziario.

Continua a leggere le notizie di Valseriana News e segui la nostra pagina Facebook

Clicca per commentare

Tu cosa ne pensi?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *