Cronaca
Ombre sulla pandemia in Bergamasca: nuovo accesso agli atti
Mancata zona rossa a Bergamo e gestione dell’ospedale di Alzano: ancora molte le ombre sulla prima fase della pandemia. Con gli accessi agli atti si cercano documenti che possano restituire la verità e confermare le responsabilità
A un anno e mezzo dalla prima ondata della pandemia da Covid-19 che in Bergamasca, con particolare incidenza in Val Seriana, causò un aumento della mortalità del 568% (fonte ISTAT, dato riferito all’intera provincia nel marzo 2020), continua la ricerca della verità. In particolare ha ripreso vigore l’attività del team di avvocati guidati da Consuelo Locati; gruppo che ha in carico circa 500 denunce di familiari delle vittime e che ha intrapreso la causa civile a Roma. “Dopo più di un anno di lavoro, con due nuovi accessi agli atti – ha dichiarato la Locati – cerchiamo ulteriori documenti che possano restituire la verità e confermare le responsabilità”.
Pandemia in Bergamasca e mancata zona rossa: lo snodo delle pressioni degli industriali
Nello specifico le ombre sulla gestione della prima fase della pandemia riguardano le pressioni che gli imprenditori avrebbero fatto sui politici locali per non chiudere la bassa Val Seriana. Stiamo parlando dei comuni di Nembro e Alzano Lombardo, zona industriale che era già un focolaio con scenari di contagio e mortalità impietosi (come previsto da Merler nei dati presentati in Regione Lombardia a fine febbraio 2020) e che non venne mai chiusa. La questione è al vaglio anche della Procura di Bergamo che già nel 2020 ha sentito rappresentanti del comparto industriali, amministratori e politici.
Ma quello che vogliono sapere i legali è anche se lo stesso sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, abbia ricevuto delle pressioni e se le abbia esercitate su Roma. La richiesta di accesso agli atti al Comune di Bergamo e alla segreteria regionale del Pd, avviene in seguito ad un articolo del 13 giugno 2020 de “Il Giornale” in cui l’onorevole leghista Daniele Belotti chiedeva se: “a inizio del mese di marzo 2020, il sindaco ha ricevuto richieste da singoli imprenditori e/o associazioni di categoria perché intercedesse presso il governo nazionale o i parlamentari del suo schieramento politico al fine di dissuadere l’istituzione della zona rossa di Alzano e Nembro”. Quello che interessa dunque sono le eventuali interlocuzioni tra il Comune di Bergamo, nella persona del sindaco o dei suoi delegati, e gli imprenditori i rappresentanti di categoria.
Zona rossa: responsabilità mai chiarite
Va ricordato che il rimpallo di responsabilità sulla mancata zona rossa vede da sempre coinvolti: da una parte Regione Lombardia, con l’assessorato al Welfare (in quel momento guidato da Giulio Gallera) che poteva chiudere come previsto dalla legge regionale 833 del 1978 (lo stesso Gallera lo ammise in diretta su Rai 3 il 7 aprile 2020). Dall’altra il Governo guidato dall’ex premier Giuseppe Conte che si è sempre giustificato dicendo che nel frattempo si stava decidendo di chiudere l’intera Lombardia. Oggi però sappiamo sia che la Regione era informata della gravità della situazione proprio con il materiale prodotto da Merler, sia che un decreto per chiudere Nembro e Alzano Lombardo c’era ma Conte non lo firmò. I sindaci di Nembro, Claudio Cancelli, e Alzano Lombardo, Camillo Bertocchi, – anch’essi sentiti in Procura – dal canto loro si sono sempre detti in attesa di scelte dall’alto.
Ancora sulla gestione dell’ospedale di Alzano Lombardo
Altro capitolo dell’inchiesta della Procura di Bergamo che interessa anche la causa civile e l’opinione pubblica, è la gestione dell’ospedale di Alzano Lombardo. Il presidio a pochi km da Bergamo venne chiuso domenica 23 febbraio 2020 alla constatazione dei primi positivi Covid e riaperto poche ore dopo. A questo proposito un accesso agli atti sempre da parte della Locati, inviato al Consiglio regionale lombardo, chiede conto dell’abbandono dell’aula da parte dei consiglieri di maggioranza durante la seduta della Commissione d’inchiesta regionale del 05 luglio 2021. Quel giorno nella Commissione composta da tutte le forze politiche, erano stati invitati proprio una rappresentanza dei legali insieme a Giuseppe Marzulli, ex direttore medico dell’ospedale di Alzano Lombardo. I consiglieri avevano lasciato l’aula per una presunta rivelazione alla stampa di parte del contenuto dell’intervento proprio dell’avvocato Consuelo Locati.
Tale fatto dai legali è stato visto come un tentativo di non prendere atto e dunque di non rendere noto quanto denunciato da Marzulli, ascoltato proprio in quel momento dalla Commissione. Lo stesso presidente della Commissione d’inchiesta, Gian Antonio Girelli, aveva dichiarato che nessun consigliere aveva divulgato l’intervento della Locati. Per questo oggi si chiede la produzione di ogni atto di indagine ufficiale della Commissione d’inchiesta di Regione Lombardia che confermi come non ci sia stata alcuna fuga di notizie e dunque che la fuga (reale) della maggioranza sia stata pretestuosa per interrompere il dibattito che stava toccando uno degli argomenti più spinosi.
Su questo capitolo d’indagine (la gestione dell’ospedale di Alzano Lombardo) la Procura di Bergamo ha già individuato 5 indagati. Questi sono: l’ex DG della sanità regionale Luigi Cajazzo l’allora suo vice Marco Salmoiraghi, e una dirigente dell’assessorato Aida Andreassi. Iscritti nel registro pure Francesco Locati e Roberto Cosentina, il primo Direttore Generale della Asst Bergamo Est (di cui Alzano fa parte) e il secondo ex direttore sanitario ora in pensione.
Gessica Costanzo
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Willy
16 Settembre 2021 at 21:56
A quando la comunicazione di avviso di garanzia all ancora ministro della sanità Speranza a Conte a Fontana e Gori per epidemia colposa ?