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Cultura

In restituzione alle chiese le opere del Moroni

“Moroni 500” in restituzione alle chiese del territorio i capolavori bergamaschi di Giovan Battista Moroni restaurati da Fondazione Creberg nell’anno dedicato al grande pittore albinese.

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Nel cinquecentesimo anniversario della nascita di Giovan Battista Moroni, Fondazione Credito Bergamasco presenta al pubblico le opere restaurate nel corso del 2021 nell’ambito del Progetto “Grandi Restauri”, proponendo un fitto programma di iniziative culturali e didattiche – molte delle quali realizzate in collaborazione con la Fondazione Bernareggi – volte alla diffusione della conoscenza del grande artista e delle sue opere collocate nei nostri territori.

Con questi interventi di ripristino, salgono a 16 le opere moroniane recuperate da Fondazione Creberg nel corso degli ultimi anni: polittici, pale d’altare, opere per la devozione privata (per un totale di 30 dipinti, considerando le singole opere componenti i polittici).

La campagna di restauri 2021 di Fondazione Creberg è stata rivolta al completamento del pluriennale percorso virtuoso di recupero e di valorizzazione di capolavori di Giovan Battista Moroni. Da molti anni Fondazione Creberg è
attiva sul nostro territorio nel “salvataggio” di opere d’arte che il passare del tempo e le difficoltà di adeguata conservazione hanno reso fragili o addirittura messo in pericolo. Monitoraggio, manutenzione e restauro sono operazioni essenziali per assicurare una accurata, adeguata ed efficace opera di salvaguardia del nostro patrimonio storico e artistico. In occasione della ricorrenza dei Cinquecento anni dalla nascita di Giovan Battista Moroni è fondamentale permettere al pubblico – che partecipa alle molte iniziative organizzate per le celebrazioni – di ammirare i suoi capolavori nelle migliori condizioni di leggibilità.

Giovan Battista Moroni

Nato ad Albino nel 1521, Giovan Battista Moroni si forma a Brescia presso il Moretto, del quale, per molti anni, è anche capace collaboratore. Ancora giovane ha l’imperdibile occasione di lavorare a Trento, città che negli anni del suo
primo soggiorno è in fermento per la preparazione del Concilio che si terrà dal1545 al 1563. Durante la seconda trasferta a Trento, le capacità sviluppate nell’arte pittorica gli danno la possibilità di eseguire i ritratti – molto apprezzati – dei nipoti di Cristoforo Madruzzo, Principe Vescovo della città, nonché organizzatore del Concilio stesso. Al rientro nella bergamasca queste referenze gli aprono le porte a una committenza di altissimo livello. La sua fama è principalmente legata all’attività ritrattistica svolta per aristocratici, artigiani, piccoli commercianti, liberi professionisti, clero, ma è parallelamente impegnato in opere di soggetto sacro.

La produzione in questo campo si intensifica soprattutto dopo il ritorno definitivo ad Albino dove morirà nel 1579. Le sue composizioni in questo ambito accolgono perfettamente le indicazioni Conciliari di sobrietà e chiarezza, rispondendo alle esigenze di divulgazione dottrinale proposte dalla Riforma Cattolica di stampo borromaico. Alle immagini sacre era affidato il compito di spiegare, commuovere e convincere.

Nel 1563, in una delle ultime sessioni del Concilio, era stato promulgato il decreto “Della invocazione, della venerazione e delle reliquie dei santi e delle sacre immagini”, con il quale la Chiesa, richiamandosi alla tradizione,
permetteva l’uso delle immagini sacre delle divinità e dei santi, la cui presenza era stata fortemente criticata dalla Riforma protestante che voleva solo Cristo come intermediario tra Dio e gli uomini. Ai vescovi era demandato il controllo sulla “liceità” delle raffigurazioni e, nel facilitare il rispetto del decreto, negli anni successivi furono pubblicati numerosi trattati dedicati alle arti figurative a soggetto sacro. Moroni si fa interprete delle nuove esigenze e molte sue opere, disseminate nelle valli bergamasche, riscuotono l’ammirazione del Cardinale Carlo Borromeo in Visita Apostolica nell’anno 1575.

Il successo di Moroni ha permesso alle valli bergamasche di arricchirsi di grandi capolavori commissionati dal clero locale e da donatori (pale d’altare, polittici, stendardi processionali, tabernacoli) molti dei quali ancora collocati nelle chiese per le quali vennero eseguiti, a conferma dell’affetto e della considerazione – non solo artistica ma anche devozionale – che queste opere hanno suscitano e suscitano ancor oggi nelle comunità di appartenenza.

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