Cultura
Wish You Were Here, una mostra inaugura la Casa del Commiato a Bergamo
Wish You Were Here, alla nuova Casa del Commiato di Bergamo una mostra con 23 artisti protagonisti di un messaggio suggestivo
Resterà aperta oggi, domani e lunedì dalle 9 alle 19 la mostra Wish You Were Here, ospitata eccezionalmente nella nuova Casa del Commiato di Bergamo in via Suardi 36 (Generali – Caprini Ricciardi e Corna Centro Funerario Bergamasco srl). La mostra è a cura di Alberto Ceresoli, testo di Gabriele Salvaterra.
Gli artisti che espongono solo: Lidia Bianchi, Linda Carrara, Alberto Ceresoli e Carmela Cosco, Martina Cioffi, Lorenzo D’Alba, Elisabetta Di Sopra, Elisa Filomena, Maria Luigia Gioffrè, Arianna Greci, Giacomo Infantino, Giulio Locatelli, Camilla Marinoni, Monica Mazzone, Alice Mestriner e Ahad Moslemi, Paolo Migliazza, Noemi Mirata, Miriam Montani, Guido Nosari, Luca Petti, Thomas Scalco, Letizia Scarpello
Wish You Were Here nelle parle di Gabriele Salvaterra
L’arte si pone sempre in una prospettiva spirituale. Creare oggetti, azioni, situazioni che riescano a travalicare i limiti temporali concessi dall’esistenza di ciascuno corrisponde all’aspirazione inconscia a raggiungere un infinito e una temporalità capaci di andare oltre la finitezza della vita. L’arte trova poi spesso il suo motivo di creazione nella sostituzione di qualcosa che non è più presente. A partire dalla leggenda che narra della nascita della pittura – una giovane che traccia sul muro il profilo dell’amato in procinto di partire – la produzione visuale si trova ad avere a che fare con l’idea di tensione e mancanza, nel tentativo di trovare un sostituto a un ente reale che non è più visibile oppure nella volontà di dare corpo a qualcosa che un attimo prima non esisteva affatto. Assenza, desiderio e nostalgia sono dunque motori della produzione artistica, stati manchevoli che attraverso lo “spreco” della creatività riescono felicemente a colmare un vuoto, ricoprire una distanza, arrivare a sfiorare l’agognato obiettivo senza mai poterlo conquistare e fermare totalmente. Wish You Were Here, mostra collettiva che raduna 23 artisti tra singoli e gruppi, ragiona dunque in maniera libera e aperta su questi temi che portano l’opera a superare i confini fisici dell’esistenza, mettendosi nella prospettiva di una tensione, una mancanza, che può trovare solo momentanei scioglimenti. Tutto ciò avviene in una location atipica, trasmutando con la nuova presenza artistica la Casa del Commiato bergamasca in uno spazio espositivo in grado di accogliere lavori visuali. Anche attraverso la potente connotazione del luogo, i lavori degli artisti entrano in risonanza con i temi di infinito, al di là, melanconia, tensione e desiderio, facendo sì che anche un concetto doloroso come l’assenza possa diventare motore positivo di produzione creativa.
La casa del Commiato di Bergamo
La Casa del Commiato nasce a Bergamo grazie al Centro Funerario Bergamasco. Una società frutto dell’unione di imprese funebri storicamente operanti nella città di Bergamo, la “Generali onoranze funebri – famiglia Caprini” e la “Ricciardi e Corna”, che insieme alle realtà della media Val Seriana, Barcella, Generali – Mascher, Giorgi, Piccioli e San Michele compongono il gruppo che ha deciso di dare vita a questo progetto. Ci sono voluti quasi due anni per la sua realizzazione. Si trova in via Suardi, al civico 36. Abbiamo chiesto ai soci del Centro Funerario Bergamasco quali principi ne avessero ispirato la realizzazione e perché l’idea di anticiparne l’apertura al pubblico con una mostra di arti visive. Roberta Caprini e Ricciardi Antonio hanno provato a dare una risposta a queste domande. Il nostro è il tempo della Vita, si direbbe. Della buona e bella Vita, sana e lunga certamente. La Morte è considerata un tabù, fa paura e se ne parla solo quando ci sfiora individualmente o collettivamente. A riflettere sul primo contatto che si ha con la morte ci sono tornate in mente le parole di Violette Toussaint, guardiana di cimitero, personaggio nato dalla penna di Valery Perrin. Ci ha ricordato che quando eravamo piccoli ancora vigeva l’abitudine di visitare i nostri cari sepolti al cimitero. Erano visite quasi dovute, di famiglia. Ma una volta entrati al cimitero, di fronte alle lapidi ornate da foto in bianco e nero, poche a colori, ai nomi luccicanti o sbiaditi, spesso scoprivamo le nostre radici. Era un’occasione sempre colta per ascoltare le storie dei nostri antenati e quelle dei loro “vicini” di sepoltura. Si terminava spesso vagando curiosi tra quelle lapidi di marmo, cercando la data di morte più antica, la vita più a lungo vissuta o la lettura dell’epitaffio più singolare. La morte la si incontrava anche quando un parente, un vicino di casa o anche solo un compaesano veniva a mancare e si andava a salutarlo. Anche noi bambini ci andavamo. Ricordiamo i pianti e la compostezza imposta dalla gravità del momento, accompagnata dal suono delle litanie recitate, ma anche il momento in cui venivano infrante dai racconti della vita vissuta, che quando diventavano pettegolezzo si facevano bisbiglio. Ricordiamo i volti bianchi e cerei delle salme, la strana sensazione del freddo sulle labbra quando li salutavamo con un ultimo bacio sulla fronte. Ma non ci hanno mai fatto paura i morti o i cimiteri. Certo non potevamo sapere allora che della loro preparazione e del loro saluto ne avremmo fatto la nostra professione, che avremmo ricreato la stessa atmosfera che una volta vivevamo nelle case dei nostri amici e parenti quando uno di noi ci lasciava. Come il maestro di composizione del film Departures, Daigo Kobayaschi, “noi assistiamo coloro che partono per dei viaggi”. Considerare la morte l’inizio di un viaggio è una prassi diffusa nelle culture di tutto il mondo, salutare i propri cari era un rito di comunità ed un gesto che liberava chi rimaneva dal peso del lutto comprendendolo nella ciclicità della vita. Purtroppo abbiamo assistito negli ultimi due anni alla negazione di questo momento, a saluti mancati e riti rimasti in sospeso, dolori mai condivisi e quindi destinati a rimanere. La pandemia che ci ha colpiti tutti e ha impedito anche che tante famiglie potessero salutare degnamente i loro defunti. Questo ci ha spinto sempre di più verso un’idea che già avevamo, dare alla città un luogo dove la morte potesse, nel limiti del dolore, essere ricompresa nella vita.
E così abbiamo voluto declinare anche l’inaugurazione della nostra Casa del Commiato, aprendola alla città per un momento pubblico a cui tutti siete invitati. In quest’occasione abbiamo pensato che l’arte potesse comunicare quello che era il nostro pensiero. L’espressività artistica quando si confronta con un tema così profondo e nodale che è mistero e turbamento, lo interpreta sublimandolo, dando vita ad una creazione che è immortale. A noi resta l’opera e le emozioni che ci trasmette. Abbiamo pensato che noi non siamo artisti e non abbiamo la capacità di rendere immortale la nostra opera trasmettendo emozioni. Qualcosa però possiamo farla, offrire un luogo accogliente e ospitale, come una casa dove tornare a praticare il rito collettivo del saluto e del ricordo. Questa casa l’abbiamo costruita nel contesto urbano, non abbiamo voluto nasconderla, perché crediamo che debba essere parte integrante e viva della nostra comunità. Allo stesso modo, gli interni non sono quelli di una qualsiasi elegante ma anonima camera mortuaria, vi potrete trovare le stanze di preparazione ed esposizione dei defiunti, spazi intimi con salotti dedicati al raccoglimento e alla condivisione. La sala del Commiato, un luogo laico dove ogni tipologia di rito è accolta e può essere celebrata. Una stanza per la cerimonia di consegna dell’Urna Cineraria, un luogo dedicato alla consegna delle ceneri per chi desidera l’affido. Per i bambini, memori dei bimbi che eravamo, abbiamo pensato di realizzare uno spazio dedicato con una libreria composta da titoli selezionati da Ursula Gruner per fasce d’età che aiutino anche loro a comprendere l’importanza di quel momento.
Infine, a dare forma a questa casa e renderla quel luogo che abbiamo descritto prima è soprattutto la presenza discreta e attenta dei professionisti che l’hanno costruita e che la abitano, che accompagneranno i defunti e assisteranno i loro cari e chi li vuole visitare. I giorni di sabato 26, domenica 27 e lunedì 28 Marzo vi invitiamo alla mostra che inaugurerà l’apertura della nostra attività, dal titolo “Wish You Were Here”, perché quando il desiderio di ricordare supera la morte si continua a vivere.
Firmato: Generali – Caprini Ricciardi e Corna / Centro Funerario Bergamasco srl
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