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Cronaca

Guerra in Ucraina, un’impresa su tre giudica rilevante il rischio crisi

Guerra in Ucraina, in bergamasca un’impresa su tre giudica rilevante il rischio crisi

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I venti di guerra soffiano anche sull’economia locale e preoccupano le imprese del terziario alle prese con aumenti dei costi delle materie prime, rincari energetici ma anche difficoltà logistiche e ordini in calo. A fotografare lo stato dell’arte sull’impatto della crisi causata dalla guerra in Ucraina è il Rapporto di ricerca sulle imprese del terziario realizzato da Format Research, per conto di Ascom Confcommercio Bergamo, su un campione di 700 imprese.

Entrando nel dettaglio emerge che più di un’impresa su tre (il 36%) giudica «rilevante» il possibile impatto della guerra in Ucraina sull’andamento della propria attività economica nel corso del prossimo trimestre. I fattori di rischio più rilevanti avvertiti dalle imprese sono l’aumento ulteriore del costo dell’energia (54,4% certamente e 38,6% probabilmente rilevante); la crescita del prezzo delle materie prime (47,5% certamente e 39,9% probabilmente rilevante); le difficoltà legate all’approvvigionamento delle forniture (35,4% certamente e 36,1% probabilmente rilevante); i problemi sulla logistica e i trasporti (22,8% certamente e 37,3% probabilmente rilevante); la riduzione dei clienti o degli ordini dei clienti (19,6% certamente e 40,5% probabilmente rilevante). Il 67% delle imprese, inoltre, ritiene che l’impatto della guerra sull’andamento della sua impresa sarà tanto significativo quanto la crisi provocata dalla pandemia.

La resilienza del terziario

Timori a parte, la resilienza del terziario di Bergamo non cede alla crisi: solo il 15% delle imprese, infatti, ridurrà o annullerà gli investimenti già in essere, così come solo il 24% sospenderà le decisioni sugli investimenti ancora da decidere. Oltre sette imprese su dieci, infine, non hanno intenzione di ridurre il personale. Per gli imprenditori, l’effetto della guerra è e sarà soprattutto sui prezzi e quindi sull’inflazione. Solo il 18% dichiara che è riuscito o riuscirà a mantenere i prezzi stabili mentre il 33% è certo dell’aumento e il 49% lo ritiene probabile. Tra i fattori che influenzeranno questa decisione di spiccano ovviamente l’aumento del costo dell’energia e delle materie prime.

«A cento giorni dall’inizio della guerra crescono le preoccupazioni sul perdurare e l’intensificarsi degli effetti del conflitto ucraino – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Nonostante, infatti, alcuni settori del terziario stiano ripartendo dopo il biennio della pandemia il timore delle imprese è forte e motivato: il Covid aveva colpito duro alcuni settori, mentre il rincaro dei costi delle materie prime e dell’energia è generalizzato. Anche l’effetto della pandemia, pur duraturo, è stato considerato temporaneo, mentre si temono irreversibili alcuni effetti economici della guerra».           

«Tramontata l’ipotesi iniziale che il conflitto sarebbe stato breve – conclude Fusini – le preoccupazioni quindi aumentano. Dalla ricerca emerge però che l’effetto più drastico legato alla chiusura dell’attività o quello grave della riduzione de personale non sono all’orizzonte nelle decisioni degli imprenditori, mentre allarma la decisione di ritardare o annullare gli investimenti già programmati, peraltro per un settore, come quello del terziario, che dovrebbe invece rilanciarsi dopo la pandemia».

«Questa guerra sta penalizzando in particolare il comparto agroalimentare e, di riflesso, tutta la filiera legata al settore delle imprese all’ingrosso di distribuzione HoReCa (Hotellerie, Restaurant, Cafè) – aggiunge Giampietro Rota, presidente dei grossisti e distributori di bevande di Ascom Confcommercio Bergamo -. Il rincaro dei prezzi delle materie prime e di gas ed energia che già da mesi sta incidendo sulle nostre aziende ora apre scenari più preoccupanti. E oltre a gravare sulla crisi energetica, la guerra in Ucraina sta compromettendo anche le esportazioni, in particolare quelle di vino e spumanti».

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