Cronaca
Bergamo: in calo il commercio al dettaglio, frena l’ospitalità e la ristorazione
Chiusi oltre 100mila negozi dalle città italiane e 15mila ambulanti in 10 anni. A Bergamo in calo il commercio al dettaglio, frena anche l’ospitalità e la ristorazione
Bergamo sta cambiando pelle: si arresta la crescita nel settore dell’ospitalità, per effetto soprattutto della pandemia, mentre torna a crescere il terziario, trainato dal commercio alimentare. L’ospitalità tiene soprattutto fuori dal centro storico, mentre il commercio perde insegne in periferia. Sono queste le principali evidenze emerse dall’Osservatorio nazionale di Confcommercio della demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici, realizzato dall’Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne. Un quadro che conferma le analisi effettuate da Ascom Confcommercio Bergamo sui dati puntuali della Camera di Commercio di Bergamo: dal 2019 al 2022 le attività del terziario nel centro storico di Bergamo sono tornate a crescere con un +4,4%, trascinate soprattutto dal commercio alimentare che ha trovato nella vendita per l’asporto e per il consumo sul posto nuova linfa, mentre fuori dal centro storico si registra un calo delle attività del terziario del -2,6%.
A Bergamo in calo il commercio al dettaglio
Il dato positivo del centro storico ribalta gli indici negativi relativi al trend sui dieci anni : in due lustri il commercio al dettaglio ha perso il 14,4% nel centro storico e l’ 8,8% fuori dal centro storico. Di contro, dopo un trend estremamente positivo che nei dieci anni dal 2012 al 2022 ha portato ad una crescita di alberghi, ristoranti e bar del 12,3% nel centro storico e del 16,9% fuori dal centro storico, nell’ultimo triennio, per effetto della pandemia, si è registrato un calo del 10 nel centro storico e dello 0,4% fuori dal centro storico.
“I dati dell’Osservatorio evidenziano la tenuta del commercio della città, soprattutto riferita al campione dei capoluoghi di provincia di medie dimensioni che hanno registrato perdite consistenti in tutti i settori–commenta Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo-. Bergamo negli ultimi dieci anni ha cambiato in parte la sua vocazione e ha saputo rigenerarsi con l’apertura di attività di alloggio, ristoranti e bar, laddove arretrava il commercio in senso stretto. Oggi, grazie alla crescita delle presenze turistiche, la tenuta registrata è imputabile all’apertura di nuove attività dell’accoglienza fuori dal centro storico. Per quanto riguarda invece bar e ristoranti, dopo la crescita esponenziale nel decennio, negli ultimi tre anni il settore ha dimostrato di aver raggiunto la sua saturazione con la diminuzione dei pubblici esercizi, soprattutto nel centro storico”.
L’Osservatorio di Confcommercio
L’Osservatorio della demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici fotografa i cambiamenti del commercio e delle imprese nelle città italiane negli ultimi dieci anni, con particolare riguardo ai centri storici. L’ottava edizione dello studio arriva in una fase che ha visto superare il picco della crisi dovuta alla pandemia e alla stagnazione dei consumi, ma che si confronta oggi con nuove emergenze derivanti dal caro energia, da una elevata inflazione e dal protrarsi della guerra in Ucraina. I cambiamenti nelle preferenze e nelle abitudini di acquisto e consumo, le scelte commerciali e localizzative della grande distribuzione e delle superfici specializzate, lo sviluppo del commercio online e altri fattori stanno modificando le nostre città e i centri storici in particolare, con meno insediamenti del commercio tradizionale e più servizi e con differenti dinamiche tra le aree geografiche del Paese. L’analisi riporta i dati aggiornati sull’evoluzione commerciale nelle città dal 2012 ad oggi e riguarda i dati dei 120 comuni medio-grandi italiani (regione per regione), di cui 110 capoluoghi di provincia e 10 comuni non capoluoghi di media dimensione (escluse le città metropolitane perché multicentriche).
I dati nazionali: spariti oltre 100mila negozi dalle città italiane e 15mila ambulanti
Negli ultimi 10 anni sono sparite quasi centomila attività di commercio al dettaglio e oltre quindicimila imprese di commercio ambulante. Crescono gli alberghi e i ristoranti ma senza riuscire a compensare le riduzioni del commercio. Tra il 2012 e il 2022 sono sparite, complessivamente, oltre 99mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante; in crescita alberghi, bar e ristoranti (+10.275); nello stesso periodo, cresce la presenza straniera nel commercio, sia come numero di imprese (+44mila), sia come occupati (+107mila) e si riducono le attività e gli occupati italiani (rispettivamente -138mila e -148mila). Concentrando l’analisi sulle 120 città medio-grandi, la riduzione di attività commerciali e la crescita dell’offerta turistica risultano più accentuate nei centri storici rispetto al resto del comune, con il Sud caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale rispetto al Centro-Nord.
Il tessuto commerciale nei centri storici: più servizi e tecnologia
Cambia anche il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%).
Desertificazione commerciale: si scende da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti
La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi in sede fissa confina con il rischio di desertificazione commerciale delle nostre città dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20%). Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, per il commercio di prossimità non c’è altra strada che puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. E rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1miliardi nel 2022. Elemento, questo, che ha contribuito maggiormente alla desertificazione commerciale ma che rimane comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale.
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