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Cronaca

Anche Bergamo piange Madame Sisì, “Esempio di libertà e rispetto per tutti”

Anche a Bergamo sono tantissime le persone che piangono la morte della drag queen Madame Sisì, nome d’arte di Carlo Tessari

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Madame SiSì e Raffaella Grigis
Madame SiSì e Raffaella Grigis

Anche a Bergamo sono tantissime le persone che piangono la morte della drag queen Madame Sisì, nome d’arte di Carlo Tessari, imprenditore del divertimento notturno e titolare della discoteca Art Club di Desenzano. Carlo, originario della provincia di Verona, si è spento questa mattina nella casa di famiglia tra l’affetto dei fratelli che l’hanno accudito dopo un lungo ricovero per un tumore scoperto nel luglio scorso. Aveva 63 anni.

Il ricordo di Madame Sisì

A Valseriana News lo ricorda con commozione Raffaella Grigis, 48enne originaria di Selvino, che grazie a Carlo ha portato avanti un percorso di sensibilizzazione nei confronti dell’omosessualità e della libertà. “Carlo per me è stato una luce, come un padre – spiega Raffaella -. A inizio anni Novanta eravamo in tantissimi bergamaschi a raggiungere con auto e pullman la sua discoteca. Ma l’Art Club non era solo un locale notturno e Carlo non era solo una parrucca. Lì molti di noi hanno capito che essere diversi non significa essere sbagliati”.

Raffaella è stata vicina a Carlo fino agli ultimi giorni. “Era un uomo buono – continua – che ha aiutato tantissime persone: omosessuali, come me, che grazie a lui si sono accettati e hanno imparato a condividere un messaggio di rispetto e libertà. Ma Carlo ha aiutato anche tante altre persone bisognose: bambini negli ospedali; ha sensibilizzato sulle tossicodipendenze. E’ stata una presenza preziosa che mancherà tantissimo”.

Carlo Tessari è stato un pioniere e avanguardista: a giugno, poco prima di scoprire la malattia, ha festeggiato i 38 anni di Art Club, aperto inizialmente ad Ospitaletto. Dietro alla sue parrucche eccentriche celava l’animo empatico di Madame “SiSì”, nome scelto perché diceva sempre sì. “Carlo vedeva sempre il bello nelle cose. Insegnava, a chi trovava rifugio nel suo locale, la libertà di essere sé stessi. E’ proprio grazie a lui che anche io ho intrapreso prima un percorso di auto accettazione e poi di condivisione attraverso due pubblicazioni che ho curato nel 2006  e nel 2011, di cui uno Ragazze che amano ragazze, scritto da Nina Palmieri. Voglio infine ricordare Carlo come una persona molto credente e anche negli ultimi giorni di sofferenza ha pregato molto. Dobbiamo continuare a portare avanti con coraggio il suo operato: era questa la sua più grande volontà”.

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